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LA PRESIDENZA TRUMP: CONSIDERAZIONI DI “MID-TERM”
Forse questa pista interpretativa vale soprattutto per i presidenti demo-
cratici - Wilson e Truman lo erano - ma, nella sostanza, evitando di cadere nei
tranelli della retorica propagandista, le amministrazioni nordamericane del
dopoguerra si sono abbastanza tenute legate a tali valori di “missione globale”.
Ovviamente, anche cadendo in errori di valutazione: l’Iraq di Saddam Hussein
non rappresentava certo, pur nella sua intrinseca brutalità, una minaccia per
noi occidentali e l’eliminazione del dittatore ha portato più danni che vantaggi
alla stabilità globale.
Con Donald Trump, l’America missionaria, dalle visioni grandiose o
anche fuorvianti, sin qui brevemente delineata, è da ritenersi un pò accantonata,
magari per un momento. Dopo un paio d’anni di amministrazione, si può osser-
vare una concentrazione della Casa Bianca su temi di stretta e pragmatica utilità
esclusiva per gli stessi Stati Uniti e/o per il consolidamento dello stesso ruolo
presidenziale. D’altro canto, in un paese dove la politica estera, salvo rare occa-
sioni, attira pochi interessi durante le campagne elettorali, non c’è da stupirsi
che questo preannunciato “egoismo statunitense” abbia offerto una chiave del
successo al candidato nel quale non si identificavano tanto i repubblicani, quan-
to una massa di scontenti cittadini, convinti sostenitori di un Paese più forte e
duro con gli “altri”. Senza necessariamente applicare, all’attuale presidente, l’ap-
parato teorico che definisce il concetto di “politico neo conservatore” (Trump,
che pure ha una formazione culturale non inferiore ad altri predecessori, non
sembra porsi problemi di ordine teorico/intellettuale), serve comunque render-
si conto che il suo obiettivo principe sta nel rilancio di un’immagine dominante
degli Stati Uniti, che si fondi sulla solidità di un sistema economico interno libe-
ro dagli orpelli di un assistenzialismo tipicamente europeo.
Nulla di nuovo, oltreoceano, se non lo stile con cui ciò viene perseguito, non
sempre ottimale e spesso riconducibile al populismo che sembra oggi davvero di
moda, un pò ovunque. Molte delle scelte di Trump, alla luce di questa sua politica,
che meno della tradizione lascia spazio agli interessi altrui, risultano forse più
comprensibili e magari riconducibili a un filo conduttore, che non riduca tutto, in
modo probabilmente riduttivo, a scelte “di pancia”, dettate dalle circostanze.
Ed è così che, nell’eterno dilemma fra scelte multilateraliste e unilaterali-
ste, le seconde senza dubbio prevalgono: basti pensare all’isolamento statuni-
tense, in ambito ONU, per la questione di Gerusalemme capitale d’Israele;
all’uscita dall’UNESCO, sempre per ragioni legate ai rapporti arabo-israeliani.
E nei confronti degli accordi per il clima e l’ambiente (Parigi 2015), si conferma
la propensione dell’amministrazione Trump a seguire una linea propria, di tute-
la dell’industria nordamericana e non del futuro del pianeta.
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