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LA RESPONSABILITÀ INTERNAZIONALE PER GLI ILLECITI COMMESSI DAL PERSONALE
                 IMPEGNATO ALL’ESTERO IN MISSIONI DI PEACEKEEPING ALLA LUCE DELLA PRASSI


                    Almeno altrettanto problematici sono gli interventi che combinano una
               forza di pace delle Nazioni Unite con un’operazione degli Stati membri auto-
               rizzata ex Capitolo VII della Carta, ciascuna dispiegata con un proprio mandato
               e totalmente o parzialmente estranea alla struttura dell’altra .
                                                                         (12)
                    Queste caratteristiche, che denotano una certa complessità sia sul piano
               funzionale sia su quello operativo, si riflettono in una difficile sistemazione nor-
               mativa delle ipotesi di responsabilità per eventuali illeciti commessi dalle forze
               di peacekeeping, soprattutto per quanto concerne gli aspetti relativi all’attribuzio-
               ne delle condotte dei contingenti militari.





               3. La struttura di comando delle missioni di peacekeeping

                    Esistono, come si è accennato, significative differenze tra l’impianto origina-
               riamente previsto dalla Carta delle Nazioni Unite e la struttura che si è poi in con-
               creto sviluppata riguardo alle misure utilizzabili dall’Organizzazione per il mante-
               nimento della pace e la sicurezza internazionale. La Carta creava, infatti, un sistema
               centralizzato di controllo sulle forze militari delle Nazioni Unite da istituirsi ai sensi
               dell’art. 43. Tali forze avrebbero dovuto operare sotto la ‘direzione strategica’ delle
               Nazioni Unite, attraverso la supervisione di un Comitato di stato maggiore .
                                                                                     (13)
                    Date le tensioni innescate dalla guerra fredda, tuttavia, tali previsioni non
               sono mai state tradotte in pratica e le strutture di comando delle operazioni di
               pace si sono sviluppate secondo le esigenze della prassi, affinandosi col tempo .
                                                                                         (14)

               (12) - I principali esempi di tale ‘convivenza’ fra mandati nel corso degli anni Novanta si sono avuti
                    in Ruanda, con la Missione di assistenza delle Nazioni Unite (UNAMIR) e il parallelo inter-
                    vento  delle  truppe  francesi  con  l’operazione  Turquoise  nel  1994,  e  in  Iugoslavia,  con  la
                    United Nations Protection Force (UNPROFOR) e la contemporanea presenza della NATO.
               (13) - Quest’ultimo, secondo l’art. 47, avrebbe avuto il compito di assistere il Consiglio di sicurezza su tutte
                    le questioni relative agli aspetti militari del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale,
                    elaborare piani di dispiegamento delle forze e comandare le forze stesse, traducendo gli obiettivi
                    politici del Consiglio in piani militari, che sarebbero stati poi trasmessi ai comandanti sul campo.
               (14) - J. FROWEIN, chapter vii. action with Respect to reat to the peace, breaches of  the peace, and acts of
                    aggression,  in  B.  SIMMA et  al.  (a  cura  di),  The  charter  of   the  United  nations:  a  commentary,
                    Oxford, 1995, pagg. 605, 639; W. LEWIS, J. SEWALL, United nations peacekeeping: ends versus
                    Means, in JoinT FoRce QUaRTeRlY, 1993, pag. 56.

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