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QUALE FUTURO PER L’UTILIZZO AGRONOMICO DEI FANGHI DA DEPURAZIONE?
costanza che tale refluo debba rispettare i parametri previsti per lo scarico nel
collettore comunale, lo rende “assimilabile” a uno scarico domestico, come tale
il fango che da esso deriva è utilizzabile in agricoltura. Questa tesi ritiene del
tutto errato il richiamo alle Concentrazioni delle Soglie di Contaminazione e
alla tabella 1, dell’allegato 5, titolo V, del TUA, in quanto i limiti che tale nor-
mativa pone si riferisce ai suoli e non ai rifiuti, quali sono i fanghi, che possono
essere distribuiti al suolo stesso nel rispetto della normativa di settore.
Sul punto, si richiama anche uno studio della ISPRA (Istituto Superiore
Protezione Ricerca Ambiente) invocato in un parere espresso dal Ministero
dell’Ambiente (prot. n. 173 del 5 gennaio 2017) in risposta ad alcuni quesiti
posti dalle Regioni che esclude appunto l’applicabilità di questa disciplina ai fini
della valutazione dell’impiego dei fanghi in agricoltura, sebbene si concordi sul
fatto che lo spandimento al suolo dei suddetti fanghi non debba comportare un
aumento del livello di contaminazione del suolo.
4. La decisione della Suprema Corte di Cassazione: sentenza n. 27958
del 6 giugno 2017
Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte riguardava l’utilizzo di
fanghi provenienti da impianti di depurazione di insediamenti urbani di note-
voli dimensioni, che trattavano scarichi derivati da insediamenti industriali ed
artigianali che insistevano nelle fognature urbane asservite agli impianti di
depurazione. Nel caso di specie, era stato accertato anche attraverso le analisi
svolte sui fanghi prelevati direttamente nei luoghi di spandimento, il supera-
mento dei valori limite, relativamente alle concentrazioni di metalli pesanti quali
zinco, cadmio, e rame, nonché la presenza di idrocarburi ed è il superamento
dei limiti previsti dalla tabella 1, allegato 5, al titolo V, Parte Quarta, del decreto
legislativo 152/2006 relativamente alla concentrazione delle soglie di contami-
nazione dei metalli pesanti. Le analisi avevano dimostrato anche la errata clas-
sificazione dei fanghi quali rifiuti non pericolosi mentre l’elevata concentrazio-
ne di metalli pesanti e degli idrocarburi, avrebbe dovuto imporre, secondo la
tesi accusatoria, l’indicazione di un codice CER di rifiuto pericoloso 190304*.
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