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LA PERSONALITÀ PSICOPATICA. VIAGGIO NEL MALE TRA VALUTAZIONE CLINICA,
DILEMMA MORALE E PROTEZIONE SOCIALE
Per tale esigenza, muoverò la lettura sia nel tempo sia nei luoghi, alternan-
do la narrazione negli anni ed in alcune delle città dove lavorarono una parte
degli studiosi e ricercatori che sul tema della psicopatia, dalle sue tante differenti
prospettive, produssero i più affermati resoconti, con definizioni, sillogismi,
diagnosi e colloqui clinici. Andiamo indietro nel tempo quindi, fino ai primissi-
mi anni dell’Ottocento, e sediamoci in un bistrot a Gare d’Austerlitz, nel qua-
drante sud-est di Parigi. Magari con un Pernod.
Il momento storico è particolare. Siamo agli sgoccioli del siecle des lumieres,
il secolo dell’Illuminismo. La scienza medica sta a grandi passi raggiungendo
conoscenze che solo pochi decenni prima mai avrebbero potuto neanche essere
concepite. Del corpo umano, delle sue afflizioni e malattie si stanno svelando,
giorno dopo giorno, nuovi segreti. Se da un lato il korper, il soma nel senso elle-
nico del termine, è così meno oscuro ed il suo studio sta assumendo il rigore
della verità scientifica, il leib, cioè il corpo ed il cervello uniti dagli spasmi del
pensiero, è ancora lontano dall’essere compreso. La follia e la malattia mentale
sono cioè affrontate come “sindromi semeiologiche” delle quali, quindi, si può
procedere alla sola descrizione, non anche alla loro comprensione.
Il secolo dei lumi ha avuto la pretesa di provocare una cesura con il pre-
dominio della morale religiosa, del volere divino sulle decisioni umane; gli
Illuministi han voluto spiegare i fatti della natura e dell’essere umano con la
ragione scientifica, che discende dalla osservazione empirica, non con quella
dell’agito per determinazione ultraterrena. I “diaristi” annotavano compulsati
sui loro libretti ogni modificazione, trasformazione, effetto o causa che si pro-
duceva ai loro occhi cercando di trovarne la spiegazione. Si viveva il Positivismo
dello studio della mente.
In questo senso, infatti, l’approccio fino ad allora prevalente, che il
Positivismo contrastava, riconduceva la cause della follia e della efferatezza
spartendole tra la possessione demoniaca, la “follia diabolica”, e la “pazzia
dell’anima”. I criminali erano spesso folli, e i folli erano sicuramente criminali
per aver perduto la bontà di Dio, non per altre cause, ed in quanto reietti anda-
vano allontanati e separati dal resto della società .
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(4) - Per ulteriori approfondimenti, si vedano le stultifera navis in M. FOUCAULT, Storia della follia nel-
l’età classica, Rizzoli, 1963.
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