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LO STATUS DI MILITARE IN SERVIZIO COME CONDIZIONE DI APPLICABILITÀ DEI
REATI DI INSUBORDINAZIONE E ABUSO DI AUTORITÀ (ART. 199 C.P.M.P.)
che la autonoma considerazione del luogo militare come ragione di aggravamen-
to della repressione dei reati militari contro la persona si risolveva in un eccesso
di tutela delle esigenze di coesione dei corpi militari ed in una irragionevole soc-
combenza della necessità di tutela dei diritti individuali.
Su tali premesse, si ritiene che con la specifica fattispecie del “militare che si
trovi in servizio” si sia inteso fare precipuo riferimento al concreto disimpegno di
un particolare e determinato servizio, sull’implicito presupposto che tale situazio-
ne comporti l’automatico attivarsi del rapporto gerarchico-disciplinare e quindi
renda necessario un più energico e capillare dispositivo di tutela, che si condensa
nel ravvisare il reato speciale a tutela del rapporto di gerarchia, a prescindere dalle
ragioni e finalità del fatto, per la sola circostanza che a commettere tale fatto sia un
militare nel concreto disimpegno di un particolare servizio, tra i quali, senza pre-
tesa di esaustività, assumono specifico rilievo le attività sottoposte a turni di svol-
gimento o disciplinate da rigorose prescrizioni di consegna (sentinella, guardia,
piantone, militare di servizio alla caserma). Ne consegue che esulano da tali fatti-
specie le tipiche ed usuali attività di ufficio o di carattere materiale (addetto all’of-
ficina, alla cucina, alla infermeria), posto che in questi casi il servizio svolto in con-
creto altro non è che la generica obbligazione lavorativa o il generico servizio mili-
tare. Ad opinare diversamente, atteso che il disimpegno della generica prestazione
lavorativa avviene tendenzialmente in luogo militare, anche per effetto della gene-
rale previsione di cui all’articolo 230, ultimo comma, C.p.m.p., si perverrebbe alla
incongrua conclusione di “far rientrare dalla finestra” ciò che la Corte costituzio-
nale ha “messo fuori dalla porta”, con la sentenza n. 22 del 12-24 gennaio 1991.
In esito a quanto sopra, deve prendersi atto, in primo luogo, che il fatto
addebitato al ………… trova la sua immediata ed esclusiva scaturigine in una
vicenda del tutto privata (una festa per i cinquant’anni del …………… e del
collega …………), connotati di aspetti di goliardia (la presenza di una spoglia-
rellista) ed organizzata, a sorpresa, dalle consorti dei festeggiati. Il giorno suc-
cessivo si è svolto l’episodio per cui è causa, occorso all’interno della caserma
ed in cui, secondo la prospettazione accusatoria, il ……………, volendo chia-
rire le ragioni per cui il ………… si era alterato per tale festa privata e consta-
tato che questi non voleva parlarne e dava mostra di volersi allontanare, aveva
rivolto a quest’ultimo le parole di cui alla ipotesi di reato.
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