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TRIBUNA DI STORIA MILITARE



               Germania nazionalsocialista e combatteva contro la Wermacht” , riconosce il
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               successo di sentimenti e di atteggiamenti alla cui formazione ed affermazione
               l’attività dei carabinieri ha contribuito con 2.375 caduti, 6.500 feriti e più di
               5.000 deportati.
                    La bandiera dell’Arma è stata insignita della medaglia d’oro al valor mili-
               tare, e in più anche di quella d’argento a riconoscimento dell’azione specifica
               dei carabinieri della divisione “Garibaldi”. Ai singoli sono stati conferiti 2 ordini
               militari d’Italia, 32 medaglie d’oro, 122 d’argento, 208 di bronzo, 354 croci di
               guerra.
                    Gli episodi non si contano, dall’insurrezione di Napoli alla difesa di Roma,
               dal  contingente  R  che  concorse  alla  liberazione  della  Capitale  ai  militari
               dell’Arma inquadrati nel Gruppi di combattimento nella guerra di Liberazione.
               E come nel vecchio adagio popolare - “Carabinieri del Re, usi tacendo obbedi-
               re,  tacendo  morire”  -  questa  epopea,  questa  saga  di  eroismo  è  stata  vissuta
               senza strepito, come fosse stata attuata attraverso comportamenti normali, e
               l’aspetto più straordinario consiste nel fatto che coloro che li posero in essere
               pensavano fossero tali.
                    Il maggiore Pasquale Infelisi, padre di tre figli, era nato a Napoli nel 1899.
               Comandava il gruppo Carabinieri di Macerata e aveva rifiutato di aderire alla
               RSI; con l’aiuto del capitano Alfonso Vetrano organizzò una rete clandestina di
               carabinieri al servizio della Resistenza, riuscendo a far evadere prigionieri anglo-
               americani dal campo di Sforzacosta e confluendo poi nella formazione partigia-
               na “Salvatore”.
                    L’8 giugno 1944 fu arrestato e tradotto nell’ospedale psichiatrico, dove fu
               interrogato e torturato perché desse informazioni sui suoi contatti e compagni
               di lotta. Commilitoni e medici tentarono di organizzare la sua fuga dal nosoco-
               mio, che però non riuscì per il tradimento di un agente di custodia che avvisò i
               tedeschi; allora il maggiore fu nascosto tra gli altri malati con indosso la camicia
               di forza e la mimetizzazione valse a proteggerlo dalle SS venute a prenderlo,
               tanto che, furiosi, i tedeschi lo cercarono anche nei dintorni dell’ospedale, natu-
               ralmente senza esito. Ma la conoscenza che il maggiore aveva delle reazioni bar-

               (5) - Rapporto  della  Commissione  storica  italo-tedesca,  Aussenminister  des  Bundesrepublik
                   Deutschland - Ministero degli Esteri, Berlino - Roma, 2012, pagg.111-12.

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