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PAGINE DI STORIA













            siglio  (lo  stesso  Grandi  deplorò  decisamente  questa
            svolta), il Sovrano diede veramente l’ordine di arresto
            dell’ex dittatore o, giocando con l’ambiguità che non
            gli era estranea, voleva, almeno sul piano formale, che
            si intendesse altro?
            Orbene, indubbiamente il Re ben comprendeva il diffe-
            rente effetto determinato dall’utilizzo dei termini ar-
            resto e fermo, badando con attenzione a non pronun-
            ciare  il  primo  quanto  più  facilmente  il  secondo,
            propugnando dunque quest’ultima soluzione da inten-
            dersi unicamente come azione da eseguirsi in senso fi-
            sico, a cui doveva seguire il momentaneo trasferimento
            del duce in una caserma dei carabinieri come misura
            di protezione anche «…per scongiurare il pericolo di una
            sua più o meno accidentale soppressione da parte del vertice
            militare» (De Felice, Op. cit.). Infatti, questa circostanza
            era stata presa in seria considerazione dal Sovrano delle
            cui valutazioni fu testimone il Generale Puntoni. Costui
            nel  suo  diario  ribadì  che  il  Re  autorizzò  «…che alla
            fine dell’udienza, fuori di Villa Savoia, [Mussolini venisse]
            fermato e portato in una caserma dei carabinieri per evitare
            da un lato che [potesse] mettersi in contatto con elementi
            estremisti del partito e provocare disordini, e dall’altro che
            antifascisti scalmanati [potessero attentare] alla sua per-
            sona». Tale idea è certamente coerente con l’atteggia-
                                                                                IL GENERALE AZOLINO HAZON
            mento  del  Sovrano  se  è  vero  che  al  termine  del-
            l’udienza rassicurò uno scorato Mussolini dicendogli
            «rispondo io, con la mia testa, della vostra sicurezza per-
            sonale. Statene certo».                                 Comandante Generale dell’Arma la cui morte ritardò
            Torella racconta (“L’Unità” del 1997) che il Re fosse   l’operazione. In un’intervista rilasciata l’8 febbraio 1955
            convinto che la rimozione del duce e la sua custodia    al Corriere della Sera, l’ex Aiutante di campo del Re
            «…dovevano avere, come è stato poi comunicato a Musso-  difese l’atteggiamento del Sovrano che fu sempre ri-
            lini stesso, [con la lettera che Badoglio gli fece recapitare  luttante  nel  qualificare  la  destituzione  di  Mussolini
            tramite il Generale Ferone nel corso della prima notte  come un colpo di stato. Non a caso Puntoni non pro-
            di detenzione presso la Legione allievi – ndA] il solo  nunciò mai la parola “arresto”: «[Il Re] non ha fatto un
            scopo di impedire ai tedeschi di impadronirsi della sua per-  colpo di Stato: ha inteso soltanto agire secondo le sue sovrane
            sona e di servirsene ai loro fini…». Nel suo diario Puntoni  prerogative, privando del mandato un capo del Governo
            ha precisato che il Re non amava parlare di quanto ac-  cui l’organo dello Stato che ne aveva il potere, cioè il Gran
            caduto in quel pomeriggio e che un giorno gli confidò    Consiglio, aveva tolto la fiducia. Vittorio Emanuele si
            che «il fermo avrebbe dovuto operarlo il generale Hazon»  preoccupò, dopo presa la gravissima decisione, di impedire



            16 NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 1 ANNO IX
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