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CARABINIERI DA RICORDARE









                                                                    CATTEDRALE DI SANTA MARIA ASSUNTA AD IRSINA,
                                                                    E DON PEPPINO ARPAIA – VICARIO GENERALE DELLA DIOCESI



                                                                    cattura emesso dal Giudice Istruttore di Matera il 17
                                                                    marzo 1944 - si diedero alla latitanza per le campagne
                                                                    di  Borgo Taccone  costringendo  i  vari  massari  della
                                                                    zona a fornire loro cibo e alloggio, sotto la minaccia
                                                                    di armi. Furono agevolati da un’approfondita conoscenza
                                                                    dei luoghi, terreni e masserie, e dall’appoggio di alcuni
                                                                    familiari.
                                                                    La fuga di Tricarico e Benedetto si concluse il 6 di-
                                                                    cembre  1944,  quella  di  Dilillo  undici  giorni  dopo.
                                                                    Tutti e tre vennero trovati in possesso di armi e cavalli
                                                                    rubati.
                                                                    Le  indagini  stabilirono  che  a  sparare  fu  Tricarico.
                                                                    Sbucato improvvisamente da un vicolo laterale, aggredì
                                                                    Agnesod allo scopo di disarmarlo e liberare i compagni
                                                                    fermati qualche istante prima, mordendolo selvaggia-
                                                                    mente al dito; nella colluttazione seguitane, gli sparò
                                                                    un  colpo  di  pistola  a  bruciapelo,  provocandone  la
                                                                    morte istantanea. Pur non avendo potuto il Carabiniere
                                                                    Rubino – unico teste presente al fatto – individuare
                                                                    l’omicida, deposero in tal senso una sensata serie di
            L’assassinio suscitò ovunque un’ondata di riprovazione  circostanze, prima fra tutte la chiamata in correità di
            e tutti i comandi Arma della zona si adoperarono con    Dilillo  dopo  la  cattura,  che  non  apparve  in  nessun
            tenacia per arrestare gli autori. La salma del Carabiniere  modo sospettabile ed inficiabile, partendo da un fido
            Agnesod fu esposta per più giorni nella Chiesa del-     compagno di furfanterie, sia nel periodo anteriore al
            l’Addolorata al triste e commosso rimpianto di tutta    delitto sia nel successivo periodo di comune latitanza.
            la  popolazione  che  sfilò  in  lacrime  davanti  alla  sua  Il 3 settembre 1946 la Corte di Assise di Potenza di-
            bara.                                                   chiarò  i  tre  colpevoli  dell’omicidio  aggravato  del
            Dopo l’assassinio, indosso al povero carabiniere furono  giovane carabiniere e di vari episodi di furto continuato
            trovati pochi segni di una giovane vita spezzata prima  e  rapina,  condannando  Tricarico  alla  pena  di  anni
            del tempo: un portafoglio di pelle color marrone, con   trenta di reclusione, mentre Nicola Benedetto e Dilillo
            duemila  lire,  una  penna  stilografica,  un  pacco  di  alla pena di anni ventidue e mesi otto di reclusione.
            sigarette popolari con 17 sigarette, un pettine tascabile,  Dall’omicidio venne, invece, prosciolto Armiento che
            un temperino a forma di pesce, una catenina di metallo  riportò soltanto una condanna per furto.
            bianco,  qualche  bottone  e  varie  fotografie  della  sua  Nella piccola comunità irsinese è ancora vivo il ricordo
            famiglia,  che  purtroppo  non  poté  più  riabbracciare,  di  Agnesod:  nel  1981  l’Amministrazione  comunale
            neanche da morto.                                       gli  ha  intitolato  una  strada  cittadina.  I  suoi  resti
            Le manette ai polsi di Vincenzo Armiento scattarono     mortali  sono  riposti  in  un  piccolo  sacrario  militare
            il 7 marzo 1944, mentre gli altri tre componenti del    realizzato nel cimitero comunale.
            gruppo - sottraendosi all’esecuzione di un mandato di                                       Antonio De Rosa



                                                                    NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 1 ANNO IV  107
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