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CRONACHE DI IERI







                                       LE CAUSE DEI TUMULTI NEGLI ATTI DELL’INCHIESTA
                                              PARLAMENTARE DELL’8 GIUGNO 1911



                         a cosa era accaduto a Balsorano tanto da spingere decine e decine di abitanti a sollevarsi contro le
                         autorità  locali?  Gli  atti  parlamentari  relativi  all’interrogazione  promossa  l’8  giugno  1911  dagli
               Monorevoli Eugenio Chiesa e Filippo Turati – qui riportati in parte – consentono di comprendere le
               cause di quel tumulto tanto violento che sfociò, poi, nelle note gravi conseguenze. Ecco alcune parti salienti
               degli interventi.
               Il  Presidente:  «Segue  un’altra  interrogazione  (…)  al  ministro  dell’Interno  intorno  alle  deficienze  dell’autorità
               prefettizia nei riguardi della cessata amministrazione comunale di Balsorano. L’onorevole sottosegretario di Stato per
               l’interno ha facoltà di rispondere». E l’on. Falcioni, sottosegretario di Stato per l’interno: «(…) è bene che io ricordi
               i  fatti  come  avvennero  (…).  Bisogna  risalire  al  1909. Vi  furono  allora  gravi  denunce  contro  l’amministrazione
               comunale di Balsorano in seguito alla quale s’iniziò un’inchiesta. Come conseguenze dell’inchiesta, l’autorità prefettizia
               propose al Governo lo scioglimento del Consiglio comunale; ma il Governo ritenne che prima fosse necessario contestare
               ai singoli amministratori i fatti che ad essi si addebitavano, affinché ciascuno potesse difendersi. (…) tanto il sindaco
               [Francesco  De  Caris]  che  il  segretario  comunale  [Giovanni  Gattoni]  (…)  si  dimisero  [il  2  aprile  1910] e
               sopravvennero  intanto  le  elezioni  parziali.  La  nuova  amministrazione  che  fu  eletta [con  il  sindaco  Vincenzo
               Ruggieri] pareva animata dai migliori intendimenti; se non che avendo essa pubblicato, come era suo dovere, il ruolo
               della tassa fuocatico [dovendo aderire alle difde della Giunta Provinciale Amministrativa], si prese pretesto da
               questo per muoverle opposizione. E si ebbe una vera insurrezione. Venne inviato sul luogo un commissario prefettizio il
               quale fece quello che qualunque galantuomo era in obbligo di fare, e cercò di dimostrare come fosse ingiusto l’insorgere
               contro l’applicazione della tassa fuocatico. Ma fu inutile. E in seguito si ebbero a lamentare i noti fatti i quali indussero
               quell’autorità prefettizia (…) a proporre nuovamente lo scioglimento del Consiglio comunale. Prima di addivenirvi, il
               Governo ha sentito il parere del Consiglio di Stato, parere, che non fu altro che la ratifica della proposta dell’autorità
               prefettizia». Il dibattito prosegue con la partecipazione di altri deputati e l’on. Eugenio Chiesa intervenendo
               nuovamente dà lettura testuale della relazione dell’inchiesta operata sul conto dell’amministrazione comunale
               di Balsorano: «(…) tale inchiesta è stata fatta dal commissario prefettizio Vendittelli. Comincia così: “Il comune di
               Balsorano da due anni si dibatte fra una maggioranza proclive a conseguire utilità private più che il miglioramento
               della pubblica cosa (…). E’ voce pubblica che, sia nei decorsi esercizi che nella presente gestione, il consigliere comunale
               signor Antonio Capone prese indirettamente parte nel servizio daziario. (…) Sul servizio di segreteria (notate che
               leggo a tratti perché la relazione è lunghissima), si dice: - Le spese di viaggi non tutte giustificate da urgenti bisogni,
               l’abbandono dell’ufficio che in questi ultimi mesi deve dirsi completo, gli addebiti di indole intima, ecc. ecc. (…)
               Interrogate in proposito le guardie [erano le guardie campestri Domenico Ruggieri e Alessio Fantauzzi, ndr.] esse
               dichiararono che le contravvenzioni stesse vennero quasi sempre conciliate dal sindaco, e l’oblazione, mai superiore a
               una lira (spessissimo a Lire 0.50) fu assegnata loro quale compenso. Ecco in brevi tratti prospettata la anormale
               situazione in cui si dibatte la civica azienda: due consiglieri incompatibili, un sindaco non curante della pubblica cosa,
               promotore di immorali stipendi, avente maneggio di pubblico danaro (…) un segretario che senza richiamo abbandona
               l’ufficio e trascura completamente da quattro mesi le sue mansioni, un esattore che non riscuote le entrate patrimoniali
               sol perché i debitori avanzarono domande di abbuono in pendenza dinanzi al Consiglio da tre anni, insomma una
               clientela d’interessi che si manifesta in ogni atto deliberativo, in ogni provvedimento d’urgenza. Per tali cause (…) si
               propone lo scioglimento del Consiglio comunale, come la soluzione più pratica per la tranquillità degli abitanti e per
               l’accertamento delle responsabilità in cui incorsero gli amministratori”. Dopo la lettura del documento l’on. Chiesa
               incalza: «E dopo tutta questa roba, ella ha detto, onorevole sottosegretario, che fu il Ministro a non accordare lo




            62 NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 5 ANNO III
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