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Omissioni e responsabilità nello smaltimento illecito di rifiuti
lutata sin dal primo momento in cui la tematica della gestione dei rifiu-
ti è stata affrontata.
Una pronuncia della Corte di Cassazione, riferita all’art. 25 dell’abro-
gato d.P.R. n. 915/82, aveva sostenuto che «il concetto di gestione di
una discarica abusiva deve essere inteso in senso ampio, comprensivo
di qualsiasi contributo, sia attivo che passivo, diretto a realizzare od an-
che semplicemente a tollerare e mantenere il grave stato del fatto reato,
strutturalmente permanente. Di conseguenza più soggetti possono
concorrere, a titolo di dolo o colpa, nella gestione di una discarica abu-
siva: responsabili di imprese che smaltiscono rifiuti propri, responsabili
di imprese che smaltiscono rifiuti di terzi, trasportatori, proprietari del-
l’area interessati, pubblici amministratori» (Cass. Sez. III, n. 163 del
13/01/1995, ud. 4/11/1994, Zagni, rv. 200961).
Tale pronuncia era rimasta comunque isolata dal momento che le
Sezioni Unite della Cassazione avevano statuito che «i reati di realizza-
zione e gestione di discarica non autorizzata e stoccaggio di rifiuti tossi-
ci e nocivi senza autorizzazione hanno natura di reati permanenti che
possono realizzarsi soltanto in forma commissiva. Ne consegue che essi non
possono consistere nel mero mantenimento della discarica o dello stoc-
caggio da altri realizzati, pur in assenza di qualsiasi partecipazione attiva
ed in base alla consapevolezza della loro esistenza» (Sez. Un. n. 12753
del 28/12/1994, ud. 5/10/1994, Maccarelli, rv. 199385).
L’orientamento citato si è affermato in maniera pacifica ed incontra-
stata, nel tempo e nella vigenza del D. L.vo n. 22/97 e ss. (ora sostituito
dal “Codice unico dell’Ambiente”), dal momento che è stato statuito
come «i reati di realizzazione e gestione di discarica non autorizzata e
stoccaggio di rifiuti tossici non possono consistere nel mero manteni-
mento della discarica o dello stoccaggio realizzati da terzi estranei nel
fondo di proprietà, salvo che risulti integrata una condotta concorsuale
mediante condotta omissiva, nei casi in cui il soggetto aveva l’obbligo
giuridico di impedire l’evento» (Sez. III, n. 44274 del 12/11/2004,
Preziosi, rv. 230173).
È evidente il richiamo dell’organo nomofilattico al secondo comma
dell’art. 40 c.p. secondo cui non impedire un evento, che si ha l’obbligo
Anno
giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.
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