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Nel corso del lungo tragitto che ha caratterizzato l’evoluzione del rapporto
          tra umanità e foreste sono stati molteplici i momenti in cui è stata lasciata
          una ‘impronta antropica’ permanente all’interno dei complessi boscati.
          Per quanto attiene ai boschi d’alto fusto, l’impronta maggiormente evidente
          è  rappresentata  dalle  modalità  di  trattamento  cui  gli  stessi  sono  stati
          sottoposti  per  ottimizzare  la  funzione  attribuita  loro  in  quel  preciso
          momento storico. I cambiamenti intervenuti in particolar modo nel secondo
          dopoguerra  del  secolo  scorso,  che  hanno  interessato  sia  le  modalità  di
          esecuzione dei lavori in bosco sia l’utilizzo della materia prima legno (in
          gran parte sostituita da cemento, ferro e plastica negli usi sia strutturali sia
          per  la  produzione  di  manufatti),  hanno  fatto  sì  che  alcune  specifiche
          tipologie di operazioni e di lavorazioni – un tempo frequenti e rimaste in
          essere  per  un  lungo  arco  temporale  –  caratteristiche  di  determinati
          soprassuoli  forestali  presenti  nell’Arco  alpino  siano  pressoché  del  tutto
          scomparse. Utilizzando l’espressione di recente “archeologia forestale” –  la
          quale  si  può  presentare  come  un  ossimoro,  bensì  è  stata  volutamente
          impiegata  per  voler  sottolineare  l’aspetto  della  relativa  vicinanza  delle
          testimonianze  –  si  sono  volute  presentare  due  particolari  realtà  che  si
          possono  considerare  legate  ad  attività  del  passato  e  oggi  quasi
          completamente  svanite:  la  prima  è  rappresentata  dai  segni  del
          cavallettamento totale eseguito nelle fustaie in particolar modo di conifere,
          mentre la seconda si riferisce alla estrazione della resina degli alberi adulti
          di larice. Saper individuare e conoscere questi segni permette a coloro che li
          osservano di avere una visione del passato, delle modalità di attuazione dei
          lavori selvicolturali e delle condizioni socio-economiche in cui hanno vissuto
          molte popolazioni dell’Arco alpino. Conoscere è cultura e non conoscere è
          oblio: questa affermazione è ancor più attuale se rapportata al momento di
          profonde modificazioni che interessano da un lato il rapporto tra società e
          foreste e dall’altro le condizioni di vita delle varie componenti della società.

          Ringraziamenti
          Un sentito ringraziamento va al Signor Nicolò Dellagiacoma di Predazzo per aver messo a
          disposizione la ‘sgorbia’, attrezzo con il quale – come specificato nell’articolo – si procedeva
          alla raccolta della resina dal foro praticato alla base degli alberi adulti di larice.



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