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In tal modo, al termine delle operazioni, si poteva avere l’esatta indicazione
          di  quali  e  quanti  fossero  gli  alberi  presenti  all’interno  della  particella
          forestale e quale fosse la rispettiva distribuzione in riferimento alle classi
          diametriche.
          Questi  dati  erano  sufficienti  per  determinare  la  massa  legnosa  (definita
          ‘provvigione’) presente all’interno della particella forestale utilizzando a tal
          fine le ‘tavole di cubatura a una entrata’.
          Mediante la rilevazione di altri parametri (altezza di un determinato numero
          di piante) era possibile, in maniera maggiormente dettagliata, pervenire alla
          determinazione  della  massa  legnosa  della  particella  mediante  l’impiego
          delle ‘tavole di cubatura a doppia entrata’.
          Ad oggi, dopo una progressiva diminuzione dell’impiego della metodologia
          sopra  descritta,  questo  tipo  di  misurazione  di  dettaglio  dei  popolamenti
          forestali – andato avanti per secoli – non è più in uso, a causa essenzialmente
          degli elevati costi della manodopera (cavallettatori e capotessera) impiegata
          nelle operazioni in bosco, le quali, su estese superfici, potevano durare anche
          per mesi. All’attualità, la determinazione dei parametri riguardanti la massa
          legnosa  presente  all’interno  di  un  popolamento  forestale  viene  effettuata
          attraverso metodi  più speditivi, quali  le  aree  di  saggio  oppure  l’impiego
          delle tecnologie informatiche legate al telerilevamento.
          La  ripetizione  delle  operazioni  di  cavallettamento  a  intervalli  di  tempo
          regolari  –  solitamente  per  la  gestione  assestamentale  delle  foreste  alpine
          coetanee  di  abete  rosso  era  di  dieci  anni  –  consentiva  di  conoscere  e
          monitorare l’accrescimento (in massa legnosa) del soprassuolo boschivo e
          conseguentemente valutarne lo stato di salute ecologia e impostare le attività
          selvicolturali.
          Tornando all’ipotetica (ma molto spesso reale) persona che percorre ai giorni
          nostri  le  foreste  alpine,  come  in  precedenza  accennato,  la  stessa  può  in
          qualche caso osservare sul tronco degli alberi di più grandi dimensioni dei
          particolari segni, i quali a un primo e sommario sguardo possono apparire
          come dei graffi o degli sfregi, oramai cicatrizzati da tempo.
          Una più attenta e competente visione permette di evidenziare che in effetti
          si  tratta  di  leggere   incisioni   sulla  corteccia,  le  quali  sono  state  operate



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