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I ‘segni’ del cavallettamento totale
Una persona che frequenti i boschi alpini – in particolar modo quelli coetanei
tendenzialmente puri di conifere, in gran parte di abete rosso (Picea abies
Karst.), i quali costituiscono la maggior parte dei soprassuoli forestali delle
Alpi – può essere colpita nell’interesse dall’osservazione di particolari segni
che in parte vanno a intaccare la corteccia degli alberi di abete rosso.
Si tratta di uno o a volte più segni sul tronco, all’altezza di circa un metro e
mezzo da terra e presenti sempre e solamente nella parte del fusto rivolta ‘a
monte’. Questi segni, un tempo frequenti e che ora stanno via via
scomparendo, rappresentano la testimonianza di un’attività del passato, la
quale per un lungo periodo ha costituito l’unica modalità attraverso cui
veniva determinata la massa legnosa presente all’interno della particella
forestale, ovvero la superficie di soprassuolo che per caratteristiche di
omogeneità costituisce l’unità territoriale di base per la gestione
assestamentale dei complessi boscati; oltre alla massa legnosa venivano
individuati altri importanti dati e parametri riguardanti il popolamento
forestale, in primis il numero di alberi presenti e l’appartenenza a diverse
specie. Questa particolare attività era rappresentata da una specifica
operazione tecnica che viene definita ‘cavallettamento totale’, la quale
interessava tutti gli alberi presenti nella particella forestale.
Nella pratica, il cavallettamento totale veniva effettuato da una ‘squadra’ di
addetti, alcuni dei quali (di norma due o tre) misuravano il diametro di ogni
singolo albero all’altezza di un metro e trenta dal terreno (misurato stando
a monte) mediante un particolare strumento chiamato ‘cavalletto
dendrometrico’ (essenzialmente un grosso calibro, un tempo di legno e nei
tempi più recenti in alluminio) da cui la denominazione di ‘cavallettatori’
con la quale venivano indicati gli operatori addetti al cavallettamento.
Un altro componente della squadra annotava i dati che gli venivano
comunicati dai cavallettatori su di uno specifico foglio, chiamato ‘tessera’
(da cui il nome di ‘capotessera’ riservato alla persona che registrava i dati),
sul quale venivano annotati gli alberi censiti, prendendo nota della specie e
della classe diametrica di appartenenza.
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