Page 102 - ok rivista silvae dicembre 2024
P. 102
completato. Inoltre, l’impossibilità di sfruttare appieno le terre liberate
danneggia l’agricoltura, l’edilizia abitativa e altri settori cruciali per il
ripristino dei mezzi di sussistenza, rallentando ulteriormente gli sforzi per
garantire una pace e sicurezza durature.
Conclusioni
La ricostruzione del Karabakh dopo il conflitto è una vera opportunità per
costruire un futuro più sostenibile e resiliente. Al centro di questa visione c’è
la volontà di ripristinare l’ambiente e di puntare sulle energie rinnovabili,
con l’obiettivo di trasformare la regione in un esempio positivo di come
l’innovazione possa portare cambiamenti concreti anche in un’area segnata
dalla guerra. Con progetti che spaziano dall’energia verde all’agricoltura
sostenibile, dai villaggi intelligenti agli sforzi di sminamento, il Karabakh ha
il potenziale di diventare una regione simbolo di sviluppo eco-compatibile.
Il piano d'azione del governo azerbaigiano per il periodo 2022-2026 si
concentra molto sulla creazione di una zona energetica verde nei territori
liberati, che si affianca all’impegno di renderli una zona a zero emissioni
nette. Tra gli obiettivi principali c’è la costruzione di infrastrutture
energetiche moderne, con nuove reti per la trasmissione di elettricità e gas.
Oltre alle già citate iniziative in merito alla produzione di energia
rinnovabile, si punterà anche a valorizzare il potenziale bioenergetico e
geotermico della regione. Questi interventi, uniti a politiche che
incoraggiano investimenti privati e la partecipazione di partner
internazionali, hanno il potenziale per trasformare il Karabakh in una
regione all’avanguardia per lo sviluppo sostenibile.
Il percorso di ripresa è certamente lungo e complesso, a partire dalla
presenza di mine e ordigni inesplosi, ma le iniziative già in atto offrono una
prospettiva di speranza. La ricostruzione del Karabakh può dunque fornire
un modello in cui recupero ambientale, crescita economica e stabilità vanno
di pari passo, dimostrando che anche dalle cicatrici lasciate dalla guerra può
nascere un futuro più sostenibile.
102