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Nella “Carta” la nuova sensibilità ecologica del Paese


               salvaguardia del patrimonio culturale, riemergono cruenti, favoriti

         FOCUS  anche da un panorama mediatico particolarmente interessato e attratto
               dal conflitto più che dalle messe in opera.
                  Ed ecco servita, su un piatto d’argento, la conflittualità del terzo mil-
               lennio, che vede schierati da una parte i paladini della salute dei cittadi-
               ni e dell’habitat che li circonda, dall’altra il libero mercato che cerca di
               affrancarsi dai vincoli burocratici.
                  Ma in fondo, a pensarci bene, è la storia del pensiero che è profon-
               damente mutata: ieri, la conservazione era considerata un volano di svi-
               luppo ad ogni livello, un’ancora di salvezza che investiva ampi strati del
               sociale, dalla old economy sino alla vita quotidiana.
                  Oggi pensiamo che, in fondo, dal desiderio nasce lo stimolo a pro-
               gredire, dall’incremento della biodiversità parte la vera tutela ecologica.
                  La scienza e la modernità oggi c’insegnano che solo con la recipro-
               ca collaborazione tra gli operatori del settore economico e i soggetti
               impegnati nella tutela ambientale si può addivenire ad una forma di svi-
               luppo sostenibile, ossia la crescita di una forma di progresso che pro-
               ceda di pari passo con le necessità di tutela, ma anche e soprattutto di
               evoluzione sociale. In sintesi, andare al di là della pura e semplice con-
               servazione dell’habitat naturale, che ha in sé ampie possibilità di rinno-
               vo e rinascita.
                  Va da sé che un confronto-scontro tra beni-interessi antagonisti e
               relativi valori, comporta la composizione di una serie di regole adegua-
               te e, soprattutto, al passo di una società che muta continuamente e che
               non ha tempo da perdere con una burocrazia elefantiaca.
                  La norma deve anzitutto essere fatta propria dalle popolazioni e non
               calata dall’alto come un dogma trascendente e avulso da ogni contesto
               sociale.
                  Eppure la presa di coscienza di un problema non è necessariamen-
               te immediata al momento in cui lo si percepisce, anzi.
                  La coscienza dei popoli attraversa necessariamente vari stadi prima
               di arrivare alla corretta percezione delle questioni e operare così una
               sintesi corretta.
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                  Innanzitutto, il soddisfacimento dei bisogni primari, che passa attra-
               verso la fame, la sete, il freddo, il caldo, la sopravvivenza.
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