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Ierobotanica rituale e fitonimie sacre greco-italiche


                  platano spezzato dal vento, secondo un’antica leggenda di
                  Magnesia al Meandro, e nel legno di fico furono intagliati sia una
                  maschera rituale del Dio nel suo culto a Nasso, sia il fallo ritua-
                  le portato in processione nelle Falloforie. L’epiteto di Dioniso
                  quale Bpομιος (= frusciante, fragoroso), allude appunto alla sua
                  presenza percepita dallo stormire del fogliame sacro e dal mor-
                  morio della foresta; il Dio era anche detto Kισσος (= edera, vitic-
                  chio),  Ληναιος (= torchio),  Fleonte/φλοιος (= verdeggiante, la
                  parte viva sotto la corteccia) Οινος (= Oineo/Vineo), venerato
                  appunto come Dio dell’edera e della vite selvatica, proprio per-
                  chè fin dall’origine fu un misterioso Dio della linfa, ossia del san-
                  gue delle piante. Roma stessa, come noto, fu detta da Plinio una
                  “città del mirto” – “[...] fuit myrtus ubi nunc Roma est” - anche per
                  l’enorme rilievo che ebbe l’antica ara della divinità del mirto
                  (Myrtus communis) nota come Venus Myrtea, cluacina o purifica-
                  trice; lì si purificavano appunto romani e sabini sin dall’episodio
                  del famoso ratto, vicino l’antico tempio di Quirino (dove “sacrae
                  fuere myrti duae [...] altera patricia appellata altera plebeia [...]”; N.H.
                  XV). Questa pianta era infatti sacra a Venere anche perchè la Dea
                  si sarebbe rifugiata proprio in un boschetto di mirto dopo la sua
                  nascita (Ov.,  Met., II, 234). Lo stesso Apollo fu onorato come
                  Μυpτωος  (C.I.G III, 5138), in una località libica denominata
                  “Poggio del mirto” (Apoll. Rhod. II, 504; Pind., Phyth. IX, 65):
                  corone di mirto portavano poi, gli iniziati ai misteri eleusini,
                  simbolo di ingresso nei mirteti elisii (Aristof.,  Rane,  330); un
                  ramoscello di mirto infatti, sacro a Demetra, simboleggiava il
                  prolungamento della vita e del suo principio nel difficile pas-
                  saggio nell’Ade.
                  In verghe di betulla, come noto, erano formati i fasci retti dai dodi-
                  ci littori, quale emblema del potere sacrale e coercitivo dei magi-
                  strati romani. Di enorme rilievo inoltre, tra le tante e diverse pian-
                  te officinali, proprio la verbena (Verbena officinalis), ritenuta essere
                  una pianta sacra e magica per eccellenza, ossia la Hiera Botane di
                  Plinio (N.H., XXV, 105-107) e la Verbenaca di Dioscoride (De Mat.
                  Med., IV, 57), dagli straordinari poteri: è difatti con essa che si puri-
                  ficavano le case e si spazzavano le are sacre a Giove, “Iovis mensa
                  verritur”. Per Mario Servio Tullio (IV-V sec. d.C.), scoliaste di Vir-
                  gilio, quest’erba è proprio la  Vena Veneris, ossia l’ispirazione di



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