Page 258 - 5-8 GALAN I bozza:orientamento I bozza
P. 258

Ierobotanica rituale e fitonimie sacre greco-italiche


            Colli Albani: a Roma, lo stesso lucus Facutalis, ossia un bosco di
            faggi consacrato a Giove, sin dal V sec. a.C. può considerarsi
            quale “relitto” di un clima più fresco di età più antiche. Indagini
            paleoclimatiche hanno difatti appurato nell’area laziale dell’età
            del bronzo, un clima atlantico e sub-atlantico evidenziato dalla
            presenza di boschi mesofili con prevalenza proprio di faggio.
            Quest’ultima specie, in virtù di seriosi cambiamenti climatici, è
            oggi regredita appunto verso siti a maggiori altitudini. Poteri
            divinatori ed oracolari ab ovo quindi, furono attribuiti a determi-
            nati alberi, a specifiche piante ed a particolari essenze, non per
            caso sacre a determinate divinità; diversi epiteti e teonimi ne
            riflettono l’importanza sacrale, come per esempio l’arcaicissimo
            Juppiter Facutalis (Faggio, > i.e BHAG/BHUG-) e l’antico Juppiter
            Vimineus (>Salix Viminalis = vinco o vetriceda, i.e. SeL(I)K-WEIT),
            i cui rispettivi templi e santuari sorgevano proprio sui  colles
            Fagutal/Esquilino (o per altri il Celio), ricoperto di Faggi, ed il
            Viminalis, ricoperto appunto di Salici. Dello Giove Facutale è
            inoltre importante tener presente le analogie e le equivalenze
            mantico-divinatorie con lo Zeùs di Dodona ed il Faunus latino:
            un Dio oracolare i cui responsi erano dati per mezzo dello stor-
            mire degli alberi che cingevano il suo santuario (Varro, L.L., V,
            152; Plin. N.H., XVI, 15, 1), così dimostrando inoltre come i luci
            fossero i luoghi propri di vari riti inerenti la divinazione. Ulisse
            infatti consulta come oracolo il fogliame di querce sacre a Zeùs
            (Omero, Od., XIV, 327); la dendromanzia a Dodona, per Erodoto,
            era desunta dal fruscio prodotto appunto dal movimento del
            fogliame ed interpretata dalle sacerdotesse della Dea Dione
            (divinità cretese dei monti alberati) dette Peleiadi o Peristere,
            così come i profeti Selli, per Callimaco, interpretavano il curioso
            brontolio del tuono, dedotto dai suoni prodotti dal tintinnio dei
            paioli bronzei, forse appesi ad alberi e mossi dal vento. Lo stes-
            so Dio Dioniso, cui era attribuito l’accrescimento degli alberi da
            frutta, era venerato come δενδpιτης (protettore di alberi), ed in
            Beozia era detto  ενδενδpος (colui che è o appare nell’albero):
            come fatto notare dal Brosse, si trattava di un vero e proprio Dio
            della linfa, cui erano sacre le piante della vite e dell’edera, pian-
            te affini e sorelle, sebbene contraddistinte da un’opposta pola-
            rità. Una statua di Dioniso sarebbe stata trovata nel tronco di un


                                                            SILVÆ - Anno VI n. 13 - 261
   253   254   255   256   257   258   259   260   261   262   263