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Ierobotanica rituale e fitonimie sacre greco-italiche
Colli Albani: a Roma, lo stesso lucus Facutalis, ossia un bosco di
faggi consacrato a Giove, sin dal V sec. a.C. può considerarsi
quale “relitto” di un clima più fresco di età più antiche. Indagini
paleoclimatiche hanno difatti appurato nell’area laziale dell’età
del bronzo, un clima atlantico e sub-atlantico evidenziato dalla
presenza di boschi mesofili con prevalenza proprio di faggio.
Quest’ultima specie, in virtù di seriosi cambiamenti climatici, è
oggi regredita appunto verso siti a maggiori altitudini. Poteri
divinatori ed oracolari ab ovo quindi, furono attribuiti a determi-
nati alberi, a specifiche piante ed a particolari essenze, non per
caso sacre a determinate divinità; diversi epiteti e teonimi ne
riflettono l’importanza sacrale, come per esempio l’arcaicissimo
Juppiter Facutalis (Faggio, > i.e BHAG/BHUG-) e l’antico Juppiter
Vimineus (>Salix Viminalis = vinco o vetriceda, i.e. SeL(I)K-WEIT),
i cui rispettivi templi e santuari sorgevano proprio sui colles
Fagutal/Esquilino (o per altri il Celio), ricoperto di Faggi, ed il
Viminalis, ricoperto appunto di Salici. Dello Giove Facutale è
inoltre importante tener presente le analogie e le equivalenze
mantico-divinatorie con lo Zeùs di Dodona ed il Faunus latino:
un Dio oracolare i cui responsi erano dati per mezzo dello stor-
mire degli alberi che cingevano il suo santuario (Varro, L.L., V,
152; Plin. N.H., XVI, 15, 1), così dimostrando inoltre come i luci
fossero i luoghi propri di vari riti inerenti la divinazione. Ulisse
infatti consulta come oracolo il fogliame di querce sacre a Zeùs
(Omero, Od., XIV, 327); la dendromanzia a Dodona, per Erodoto,
era desunta dal fruscio prodotto appunto dal movimento del
fogliame ed interpretata dalle sacerdotesse della Dea Dione
(divinità cretese dei monti alberati) dette Peleiadi o Peristere,
così come i profeti Selli, per Callimaco, interpretavano il curioso
brontolio del tuono, dedotto dai suoni prodotti dal tintinnio dei
paioli bronzei, forse appesi ad alberi e mossi dal vento. Lo stes-
so Dio Dioniso, cui era attribuito l’accrescimento degli alberi da
frutta, era venerato come δενδpιτης (protettore di alberi), ed in
Beozia era detto ενδενδpος (colui che è o appare nell’albero):
come fatto notare dal Brosse, si trattava di un vero e proprio Dio
della linfa, cui erano sacre le piante della vite e dell’edera, pian-
te affini e sorelle, sebbene contraddistinte da un’opposta pola-
rità. Una statua di Dioniso sarebbe stata trovata nel tronco di un
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