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Ierobotanica rituale e fitonimie sacre greco-italiche


                  santuari alberati e boscosi delle alture raffigurati nell’iconografia
                  minoico-micenea. Un bosco di cornioli (Cornus mas), sul monte
                  Ida che domina la piana di Troia, era sacro ad Apollo Καpνειος:
                  furono questi gli alberi che i greci abbatterono per costruire il
                  celebre e sacrilego cavallo, provocando l’indignazione del Dio,
                  cui cercheranno poi di espiare con l’istituzione delle feste dori-
                  che chiamate Καpνεια. Lo stesso Enea sacrificante, per coprire le
                  are di rami frondosi, dall’arbusto che strappò per primo, il cor-
                  niolo, vide colare gocce di sangue nero che l’albero stesso, per
                  prodigio, al terzo tentativo gli rivelerà essere appunto Polidoro
                  figlio di Priamo, lì sepolto (Virg., Aen., III, 22-46). Con il legno del
                  corniolo furono quindi costruite aste, giavellotti, frecce e lance,
                  tra cui la stessa che Romolo (Plut., Vita Rom., XX) scagliò dall’A-
                  ventino sul Palatino, da cui nacque il prodigioso arbusto, poi
                  venerato come una delle più sacre e sante memorie dell’Urbe; la
                  medesima lancia usata dai Feziali nel rito magico della dichiara-
                  zione di guerra, come noto, era intagliata proprio in questo
                  durissimo legno. Furono pertanto alberi e boschi come luoghi
                  sacri e numinosi appunto, ad ispirare la costruzione dei primi
                  templi nell’antichità classica: i tronchi vennero scolpiti nelle
                  colonne e le loro chiome divennero capitelli sempre più com-
                  plessi. Ancor più esplicito ed esaustivo un celebre passo lettera-
                  rio inerente la presa di auspici nello spazio pomeriale: “[...] in hoc
                  templo faciundo arbores constitui fines apparet et intra regiones qua
                  oculi conspiciant [...]” (Varro L.L., VII, 8). Gli stessi scavi archeolo-
                  gici hanno così confermato larga presenza di querce e faggi, fre-
                  quentemente usati nelle sepolture ad inumazione scoperte a
                  Gabii, Roma e Decima, cavati a foggia di sarcofago o tagliati a
                  costituire il letto funerario: il graticcio della pira di Pallade, soda-
                  le di Enea, era appunto costituito da rami di quercia (Virg., Aen.,
                  II, 63-65), così come i Pitagorici usavano avvolgere i cadaveri in
                  foglie d’ulivo, pioppo nero e rami di mirto (Plin., N.H., XXXV,
                  160). La quercia (i.e.  DEREU-) in particolare, come noto, ha
                  peraltro ispirato numerosi miti relativi all’origine dell’uomo ed
                  è stato l’albero sacro per eccellenza del mondo greco-latino,
                  subentrando, tuttavia, sul piano simbolico-spirituale, all’ancor
                  più “antico” ed arcaico faggio (Fagus sylvatica). Quest’ultimo
                  infatti era sistematicamente presente nei boschi latini, specie sui



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