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La valorizzazione dell’origine “montana” di un prodotto agroalimentare


                  di tutela delle denominazioni registrate a livello comunitario; le
                  Comunità montane territorialmente competenti; i produttori della
                  denominazione protetta per il tramite dei Consorzi di tutela o delle
                  Comunità montane. Contestualmente alla domanda di iscrizione
                  all’Albo, i soggetti legittimati presentano anche la domanda di
                  modifica del disciplinare di produzione della corrispondente
                  denominazione protetta alla Commissione europea.
                  Nel caso in cui la zona di produzione della Dop o della Igp ricada
                  in maniera integrale in territorio montano, tutti i produttori
                  potranno, dopo l’iscrizione all’Albo, aggiungere in etichetta la
                  menzione “prodotto della montagna”. Nel caso, invece, in cui solo
                  una limitata percentuale della Dop o della Igp sia ottenuta in terri-
                  tori, comuni o parti di comuni classificabili come montani, la men-
                  zione aggiuntiva non potrà essere adoperata per tutta la denomi-
                  nazione, ma solo per il prodotto ottenuto nel territorio montano.
                  Tra la legge del ’94 e la modifica del 2002, però, il legislatore nazio-
                  nale in un’altra occasione è tornato ad occuparsi dei segni di mon-
                  tagna: il decreto legislativo n. 228/2001, infatti, al suo art. 23, disci-
                  plina l’uso delle denominazioni “montagna”, “prodotto di monta-
                  gna” o simili, prevedendo che esse possano essere utilizzate per i
                  prodotti agricoli e alimentari soltanto ove questi siano prodotti ed
                  elaborati nelle aree classificate “di montagna” ai sensi della nor-
                  mativa comunitaria e, in particolare ai sensi della direttiva sull’a-
                                                                                   16
                  gricoltura di montagna e del regolamento sullo sviluppo rurale .
                  Nonostante alcuni dubbi interpretativi sollevati in merito al rappor-
                                     17
                  to tra le due norme , ci sembra che esse disciplinino due situazioni
                  distinte ed autonome: mentre l’art. 15 della legge montagna, come
                  sostituita dall’art. 85 della finanziaria 2003, è un’indicazione di pro-
                  venienza che lega il prodotto alla zona montana italiana di cui è ori-
                  ginario e che può essere usata, proprio in quanto indicazione geo-
                  grafica, solo se aggiuntiva rispetto alla Dop o alla Igp, la denomina-
                  zione di cui all’art. 23 del d.lgs. del 2001 sembra disciplinare l’utiliz-
                  zo di una semplice indicazione generica. Per evitare che essa possa
                  16 Il testo dell’articolo faceva riferimento all’art. 3 della direttiva n. 75/268 e al regolamento n.
                    1257/99. Allo stato attuale, essendo stati abrogati gli atti di cui sopra, occorre far riferimento
                    al vigente regolamento n. 1698/2005.
                  17 La dottrina agraristica si è divisa tra chi riteneva che l’art. 23 del d.lgs. n. 228/2001 delineas-
                    se una fattispecie autonoma e distinta rispetto a quella disciplinata dall’art. 15 della legge n.
                    97/1994 (in questo senso Borghi, 2001, p. 850 e ss.; Sirsi, 2002, p. 597.) e chi invece qualificava
                    l’intervento successivo del legislatore quale semplice intervento volto alla modifica della legi-
                    slazione precedente. Cfr., anche Di Lauro, 2005, pp. 178-179.

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