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La valorizzazione dell’origine “montana” di un prodotto agroalimentare


            mentari di montagna prodotti unici e profondamente legati a
            metodi di lavorazione tipici e tradizionali; la ricchezza di questi
            prodotti si coglie proprio nella loro diversità e varietà sia biolo-
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            gica che culturale. Quanto al primo aspetto, alcuni studi hanno
            messo in evidenza come l’habitat montano – e, dunque, l’altitu-
            dine, l’aria fresca, l’acqua pulita e ben ossigenata, la qualità del
            pascolo e dei terreni, la diversità e la ricchezza della flora, lo
            scarso ricorso a concimi chimici, l’assenza di attività industriali
            – influisca sulle caratteristiche fisiche e organolettiche dei pro-
            dotti montani soprattutto non trasformati. Le aree montane
            sono, inoltre, spesso caratterizzate dalla presenza di varietà e
            razze autoctone, tipiche, sia selvatiche che coltivate (o allevate).
            Quanto, poi, all’aspetto socio-culturale, le montagne sono ricche
            di tradizione sia nella produzione che nella trasformazione dei
            prodotti; le particolari condizioni e i vincoli ambientali e clima-
            tici hanno, infatti, condizionato le tecniche produttive e conser-
            vative; basti pensare, per esempio, alla forte stagionalità che ha
            imposto necessariamente lo sviluppo di particolari metodi di
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            conservazione dei prodotti .
            Al tempo stesso, però, tali prodotti si dimostrano estremamente
            “fragili”: spesso provenienti da piccole aziende di aree scarsamente
            popolate, lontane dalle piazze di mercato e caratterizzate da infra-
            strutture stradali poco efficienti, soffrono lo svantaggio di costi più
            elevati per l’immissione sul mercato. I maggiori costi sostenuti dalle
            popolazioni montane rendono, inoltre, poco appetibili gli strumenti
            e gli schemi di certificazione posti in essere a livello comunitario ai
            fini dell’identificazione della qualità e dell’origine (come Dop; Igp e
            Stg); nella maggior parte dei casi, infatti, questi si dimostrano poco
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            adatti alle problematiche specifiche dei prodotti di montagna .
            Sebbene, dunque, tali prodotti abbiano notevoli potenzialità e
            potrebbero rivelarsi un importante strumento di ancoraggio
            della popolazione al territorio e contribuire allo sviluppo soste-


            3 Cfr. il progetto di Euromontana 2002-2004, cofinanziato dalla DG Ricerca della Commissione
               europea nell’ambito del Quinto programma quadro di ricerca e sviluppo (5° PQRS). I risulta-
               ti dello studio sono disponibili all’indirizzo http://www.mountainproducts-europe.org.
            4 Non è un caso, infatti, che molti prodotti di montagna rientrano nell’elenco dei prodotti
               agroalimentari tradizionali di cui al decreto ministeriale n. 350/1999.
            5 Il già citato studio di Euromontana ha dimostrato, per esempio, che dei 122 prodotti di mon-
               tagna oggetto di indagine, solo 39 (di cui 6 bevande) sono registrati con un segno distintivo
               comunitario (14 DOP, 4 IGP, 2 STG e 4 Agricoltura biologica).

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