Page 36 - Supplemento Rassegna 2017-3
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CARLO ALBERTO DALLA CHIESA: LA LOTTA DELL’ARMA ALLA MAFIA



                    Si capisce un po’ di più se si segue lo stesso lavoro che il Generale dalla
               Chiesa fece nei suoi diversi stage a Palermo e soprattutto in Sicilia. Io penso
               sempre che dalla Chiesa volesse salvare la Sicilia anche contro la stessa volontà
               dei siciliani, non sempre schierati dalla parte giusta. Andò e tornò diverse volte,
               sempre con la segreta speranza che si trovasse la volta buona per liberarla dalla
               mala pianta, ignorata fino allo scandalo, sottovalutata da specialisti, antropologi,
               investigatori e magistrati, che, fino agli anni Ottanta, non disponevano neppure
               dello strumento giudiziario adatto a quella guerra: l’associazione mafiosa, infat-
               ti, il reato denominato poi 416 bis, nel codice penale non esisteva. Qui oggi ho
               incontrato un sottufficiale che era al Nucleo Investigativo di Palermo quando il
               Generale comandava la Legione. Mi racconta, il Maresciallo Scibilia, come dalla
               Chiesa premesse sulla magistratura in direzione del riconoscimento dell’associa-
               zione mafiosa. E insieme a dalla Chiesa premeva tutto il Nucleo Investigativo
               del Colonnello Russo: uno sparuto drappello di uomini, perché erano 19 poi al
               Nucleo Investigativo di Palermo. Pensate, una città enorme, con questo grande
               problema della mafia, disponeva solo di 19 uomini per tutte le indagini!
                    Premevano perché si riconoscesse che la semplice appartenenza alla mafia
               fosse già un reato punibile, punibile con pene severe. Non solo non ci riusciro-
               no, ma, tutte le volte che si arrivò ad imbastire un rapporto di denuncia, tutto
               il duro e paziente lavoro del gruppo fu puntualmente vanificato dalle sentenze
               giudiziarie. Accadde per esempio quando dalla Chiesa fece il rapporto dei 114,
               contro altrettanti mafiosi ritenuti i capi dell’organizzazione che si erano resi
               responsabili, tra l’altro, della sparizione di Mauro De Mauro, il giornalista de
               L’Ora  scomparso  nel  1970  e,  l’anno  dopo,  dell’uccisione  del  Procuratore
               Scaglione. Crimini gravissimi, che in Sicilia non si erano mai verificati. Appunto,
               come diceva il Professore Lupo poc’anzi, assistevamo a questa trasmutazione
               della mafia che si faceva terrorista, nel senso che cominciava ad uccidere i rap-
               presentanti delle Istituzioni. Ma poi abbiamo visto come, proseguendo in que-
               sta direzione, abbia addirittura assunto le sembianze del terrorismo puro. Una
               strategia, cioè, diretta a seminare morte a caso fra i cittadini per ingenerare ter-
               rore e creare le condizioni per meglio impossessarsi del territorio e, addirittura,
               condizionare le leggi dello Stato. È chiaro che dal ’92 in poi, all’esordio della
               strategia stragista che la mafia esporterà anche fuori dalla Sicilia, c’è tutta una

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