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GIURISPRUDENZA

Il suo schema completo può essere pertanto raffigurato nel modo seguente: «È pre-
scritto che se A... allora B», dove il termine «è prescritto che» è l’operatore logico di
comando. Ma, così intesa e rappresentata, la struttura della norma giuridica esprime
al tempo stesso la sua funzione esclusiva, che è appunto quella di prescrivere incon-
dizionatamente. In sintesi può dirsi che la struttura formalmente condizionale è una
struttura sostanzialmente imperativa, formulata in termini ipotetici per assumere il
carattere generale, astratto, ripetitivo proprio delle norme giuridiche.
Questa struttura riproduce lo schema causale, ma è preferibile sostituire i concetti di
causa ed effetto con quelli di antecedente e conseguente: E (l’effetto giuridico), è con-
seguenza di F (il fatto), in base alla regola N (la disposizione normativa).
Nella fattispecie legale, dunque, l’antecedente F è la premessa minore, la disposizione
normativa N è la premessa maggiore, il conseguente E è la conclusione. Le premesse
sono note, la conclusione è l’elemento ignoto che l’attivazione del meccanismo norma-
tivo consente di fissare, rappresentando la statuizione della norma. Quando tale sta-
tuizione è certa, come accade nella grandissima parte delle disposizioni dell’ordina-
mento giuridico, la fattispecie legale dà luogo ad un’inferenza logica di tipo deduttivo
(“se F, allora E”).
Così ad esempio nell’art. 2043 del codice civile: “se è commesso un fatto illecito [se F],
sussiste l’obbligo di risarcire il danno [allora E]”. Si può quindi affermare che condizio-
ne sufficiente perché nasca l’obbligo di risarcire il danno è che si sia verificato un fatto
illecito, effetto necessario del fatto illecito è l’obbligo di risarcire il danno. Infatti, se que-
sto non sorge, ad esempio perché il fatto è commesso per legittima difesa, il fatto dan-
noso è privo del connotato di illiceità.
Analogamente, ai sensi dell’art. 43, comma 1 R.D. n. 773/31, condizione sufficiente
perché vi sia diniego - o revoca - della licenza di porto d’armi è l’esistenza di una pro-
nuncia di condanna per determinati. reati, effetto necessario della condanna è il dinie-
go - o la revoca - della licenza di porto d’armi.
È allora superfluo riflettere sulle ragioni di ordine sistematico per la revisione del divieto
e sulla praticabilità di un’interpretazione conforme a Costituzione da un lato, sulle cri-
ticità che un’esegesi non letterale della disposizione produrrebbe dall’altro. Il testo
della disposizione, infatti, non lascia alcuna alternati.va al diniego - o alla revoca - della
licenza di porto d’armi in ipotesi di condanna per i reati ivi indicati., benché, nel vigente
quadro ordinamentale, l’automatismo possa apparire irragionevole con riguardo a reati
come il furto o la resistenza all’autorità. Né vi sono altre disposizioni - in particolare
quelle sugli effetti della riabilitazione - che consentano deroghe.
Infatti, ai sensi dell’art. 178 c.p. “La riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni
altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti.”, mentre il
divieto al rilascio della licenza di porto d’armi previsto non è un effetto penale della con-
danna, la quale piuttosto funge da elemento preclusivo in base a una presunzione
assoluta di inaffidabilità all’uso delle arra, come si evince sia dal raffronto tra primo e
seconda comma dell’art. 43, sia dalla tipologia dei delitti presi in considerazione.
La riabilitazione è presa in considerazione dall’art. 11 del R.D. n. 773/31, il quale, nello
stabilire che, in generale, le autorizzazioni di polizia non possono rilasciarsi a chi ha
subito determinate condanne penali, fa salva l’ipotesi del conseguimento della riabili-

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