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INFORMAZIONI E SEGNALAZIONI
Ecco allora che il ruolo politico, oggettivamente resosi necessario a carico del
Capo dello Stato, ha preso corpo non nel senso - costituzionalmente inammissi-
bile - di svolgimento di un’azione attuativa del programma di un governo espres-
sivo della maggioranza emersa pro tempore in Parlamento, ma nel senso di realiz-
zatore di un indirizzo politico nel senso più ampio della parola: cioè degli interessi
generali della polis, durevolmente scolpiti nella Costituzione.
Problema questo peraltro non nuovo, dato che già nel lontano 1958 M.
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Bracci in una lettera a Gronchi, ricordata in seguito da L. Elia , rilevando la scarsa
capacità deliberativa di un Parlamento a rischio di paralisi, evocava un più incisi-
vo esercizio dei poteri del Capo dello Stato, che avrebbe dovuto integrare con i
propri interventi la volontà della maggioranza, ove fosse insufficiente, o addirittu-
ra mancasse, avvalendosi delle sue prerogative (es. i messaggi liberi o formali, l’in-
tervento nella formazione del Governo, la possibilità di sciogliere le Camere). Tesi
questa, che nel suo complesso considerata, non fu ritenuta accettabile dall’Elia,
che si limitò a rilevarne sobriamente la ipervalutazione dei poteri presidenziali, e
- per converso - la sottovalutazione di quelli dei Partiti e del Parlamento.
È oggi un dato acquisito sotto il profilo storico-giuridico dell’Italia repub-
blicana - efficacemente affermò Giuliano Amato in una felice sintesi definitoria -
che i poteri del Capo dello Stato sono stati legittimamente interpretati a fisarmo-
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nica , cioè che hanno rivelato una notevole capacità espansiva in presenza di mag-
gioranze deboli e inefficienti, come di una rilevante instabilità di sistema.
Oggi non si discute più dunque della legittimità - ormai acquisita - dell’ester-
nazione presidenziale, la cui opportunità si è venuta nel tempo ad esaltare nel con-
testo di un clima perennemente rissoso tra maggioranza ed opposizione, che rischia
di paralizzare il sistema Paese, quanto dei limiti nei quali essa possa esercitarsi.
L’art. 89 stabilisce che nessun atto del Presidente della Repubblica è valido,
se non è controfirmato dai Ministri proponenti, che ne assumono la responsabi-
lità. Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono contro-
firmati anche dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
La necessaria compresenza delle firme, non deve trarre in inganno circa la
pariteticità delle volontà rilevabile dalle firme stesse, poiché nella netta maggio-
ranza dei casi, si tratta di atti sostanzialmente ministeriali: es. la ratifica dei trattati
2 L. Elia, La lettera di Mario Bracci a Giovanni Gronchi, Presidente della Repubblica, in Poteri,
Garanzie e diritti a sessant’anni dalla Costituzione, Giuffrè, Milano, 2007, pp. 268-273.
3 Avverso tale concetto, E. Galli della Loggia sostiene che “la misura dell’adattamento, non potendo
ovviamente essere decisa dalle circostanze stesse [viene] rimessa in pratica alla libera (e inoppugna-
bile) interpretazione che di esse dà il presidente. vale a dire a una sua decisione arbitraria”. Così E.
Galli della Loggia, La nebbia sull’irto Colle, nel Corriere della Sera, 21 gennaio 2015.
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