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LA fiGuRA DEL CAPo DELLo STATo DAGLi ALBoRi DELLA REPuBBLiCA Ai GioRni noSTRi




               internazionali, la promulgazione delle leggi, la nomina degli alti funzionari dello
               Stato, l’indizione delle elezioni.
                    Nei casi meno frequenti, dove appare preminente la discrezionalità del
               Presidente della Repubblica, la controfirma del Ministro assicura la compatibilità
               tra gli interessi di cui è latore il Governo con quelli generali di cui è esponente il
               Capo dello Stato; dove in genere prevale la volontà ministeriale, è il Presidente
               che, apponendo la sua firma, garantisce che l’atto espresso da una maggioranza di
               parte sia in armonia con l’utilità dell’intera collettività nazionale.
                    I poteri a lui spettanti non sono esercitabili se non nell’ambito di una trac-
               ciabilità logica, mirante al conseguimento del miglior funzionamento dello Stato
               medesimo, nel che è dato il senso stesso delle facoltà attribuitegli, come intrinse-
               che all’esercizio di un Potere neutro e quindi oggettivo. Si è venuto nel tempo ad
               accrescere il ruolo decisionale del Presidente della Repubblica nel caso di Governi
               tecnici, ovvero di Governi “di scopo” miranti a gestire fasi transitorie in attesa
               della scadenza fisiologica di una legislatura, altrimenti destinata ad esaurirsi quan-
               do risulti impossibile la formazione di qualsivoglia maggioranza parlamentare
               (con conseguente instabilità del sistema politico, economico e finanziario).
                    La fase di transizione avviata con la riforma elettorale del 1993, in seguito
               alla crisi dei partiti seguita a Tangentopoli - ma sarebbe più corretto dire dopo il
               crollo del Muro di Berlino, senza il quale Tangentopoli stessa non sarebbe mai
               emersa - ha comportato frequenti fibrillazioni del sistema politico, che hanno
               reso sempre più necessario un intervento di equilibrio del Capo dello Stato nelle
               forme più varie della comunicazione (giornali, radio, televisione, internet, ecc.).
                    Oggi non si discute più dunque della legittimità - ormai acquisita - dell’esterna-
               zione presidenziale, la cui opportunità si è venuta nel tempo ad esaltare nel contesto
               di un clima perennemente rissoso tra maggioranza ed opposizione, che rischia di para-
               lizzare il sistema Paese, quanto dei limiti nei quali essa possa esercitarsi. Non sembra
               anzi esagerata la tesi, formulata da una qualificata dottrina, spintasi a sostenere la dove-
               rosità delle esternazioni presidenziali, in un clima di patologia politica come l’attuale.
                    A nostro avviso, ogni qualvolta il Capo dello Stato non possa altrimenti
               esercitare, con la necessaria incisività ed efficacia, la funzione di garanzia dei valori
               e dei principi contenuti nella Costituzione, di cui Egli è il supremo tutore, ogni
               dichiarazione funzionale a quella garanzia va considerata come forma aggiornata
               del ruolo che il Presidente della Repubblica è chiamato ad interpretare - sono
                                                                    4
               parole del Calamandrei -, come viva vox Constitutionis .

               4  In merito ai rischi di un’eventuale forma di governo di tale tipo, cfr.  amplius G. B. Rizzo,
                  Repubblica presidenziale? ne La Sicilia, 7 giugno 1966.

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