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ANTICORRUZIONE MILITARE: UN’IPOTESI METODOLOGICA




               completa  del  sistema  organizzativo-funzionale  all’interno  del  quale  le  facoltà
               delegategli troveranno spazio e avranno possibilità di esercizio e sviluppo;
                    b. la relazione fiduciaria tra (almeno) questi due soggetti, che impone un
               controllo su azioni e competenze dell’agente, di solito mediante regole, super-
               visione e meccanismi che ne garantiscono l’adempimento: qui si annida la pos-
               sibilità che il soggetto cui è stato affidato quel potere ne abusi in qualche modo;
                    c. gli interessi di un “cliente” (potenziale corruttore) nell’attività dell’agente, che
               può - in base ad un calcolo dei costi di transazione della trattativa illecita - cercare di
               influenzare l’agente a proprio vantaggio, entrando in un rapporto di scambio occulto.
                    In questa ricostruzione, le nozioni di abuso (o misuse nella letteratura anglo-
               sassone) e di potere affidato sorvolano il nocciolo della concezione penalistica dei
               reati di corruzione, laddove campeggia l’idea dell’accordo illecito tra il privato ed il
               pubblico agente, ovvero il titolare di pubblici poteri, per fini estranei al pubblico
               interesse, in una logica di “tangente” , con potenziale eco sull’economia pubbli-
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               ca (come nel caso della corruzione tra privati), nazionale e globale.
                    L’abuso di un potere pubblico affidato, quindi, in linea con la generale visione con-
               temporanea della corruzione, appartiene all’ambito della prevenzione, con scon-
               finamento solo accidentale nel campo della repressione penale e apre la stura,
               come si dirà a breve, ad una più ampia capacità interpretativa del modo di inten-
               dere la corruzione, ovvero la maladministration (o “cattiva amministrazione”).

                    sanzionamento delle regole, causata dall’incompletezza e dalla distribuzione asimmetrica di
                    informazioni riguardanti le azioni e le caratteristiche degli attori coinvolti nelle relazioni sociali
                    regolate da norme legali (ibi., p. 66, cit.). La trasparenza, inteso come principio informatore
                    delle pubbliche amministrazioni, assume specifico rilievo nella lotta alla corruzione proprio
                    perché incide sull’asimmetria informativa, accorciando le distanze tra gli attori coinvolti, cfr.
                    anche B. Chul-Han, La società della trasparenza, Nottetempo ed., Milano, 2014: “La trasparenza
                    è la condizione della simmetria. Ne consegue che la società della trasparenza aspira a cancel-
                    lare tutte le relazioni asimmetriche, tra le quali rientra anche il potere” (ibi., p. 34, cit.).
               7    L’intervento di una “tangente”, non necessariamente monetaria, allarga il rapporto diadico
                    ad almeno tre soggetti, ovvero il delegante (che è lo Stato, nel caso della pubblica ammini-
                    strazione), che ne è vittima, l’agente (ovvero il depositario del potere affidato) ed il corrut-
                    tore. Come osservato e poderosamente sintetizzato, la corruzione con tangente è l’abuso di
                    fiducia che si realizza quando l’agente (il corrotto) attraverso un accordo occulto che viola
                    obbligazioni legali, sociali, politiche o morali, impiega risorse legate al proprio ruolo (autori-
                    tà, decisioni, informazioni) a beneficio di una terza parte (il corruttore), nell’ambito di una
                    transazione che prevede come contropartita a proprio vantaggio una quota di quel valore
                    come compenso monetario - la tangente - o di altra natura, anche differita o indiretta (così,
                    L. Picci, A. Vannucci, op. cit., p. 40, cit.). La schematizzazione teorica, oltre alla qualificazione
                    giuridica dell’azione criminosa in sé, ha ricadute pratiche, ad esempio, sulla misurazione del
                    fenomeno che non può ancorarsi, se non con larghissime riserve, ai dati giudiziari: “[…] nei
                    reati [predatori, ndr] vi è infatti una vittima che ha interesse a presentare denuncia; nel delitto
                    in esame, invece, non c’è. O meglio […], la vittima è l’amministrazione pubblica, che tuttavia
                    non sa di esserlo, non avendo alcuna notizia del reato commesso a suo danno. […] In ogni
                    caso, anche se ci fossero eventuali terzi a conoscenza, non è detto che abbiano interesse a
                    farlo scoprire, non essendo vittime del reato” (R. Cantone, op. cit., p. 39, cit.).

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