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                  La frase discriminatoria o razzista rivolta nei confronti di una persona è
             essa stessa in grado di offendere tutte le persone con la medesima caratteristica
             o appartenenza.
                  L’introduzione dei reati di odio si è avuta in Italia a partire dal 1975, con
             l’emanazione della Legge Reale, la n. 654, che ha approntato una prima forma
             di tutela penale, con la ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull’elimi-
             nazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7
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             marzo 1966 . Segnatamente l’art. 3, positivizza, reprimendole, due condotte tipi-
             che: la diffusione di idee fondate sulla superiorità o l’odio razziale e la condotta
             di incitamento alla discriminazione o alla commissione di atti di violenza in
             ragione dell’appartenenza delle persone offese a gruppi nazionali, etnici o raz-
             ziali.
                  Successivamente, si è tornati sul tema, e tali reati sono stati riprodotti nella
             l. 205/1993, di conversione del D.L. 122/1993, la cosiddetta Legge Mancino,
             che ha ampliato lo spettro della punibilità alle condotte comunicative, legate alla
             diffusione di idee per odio etnico, o di superiorità e odio razziale.
                  L’evoluzione  della  disciplina,  governata  da  una  sempre  più  crescente
             necessità di tutelare diritti supremi, ha dato luogo poi all’emanazione della legge
             n. 85 del 24 febbraio 2006, che seppur da un lato ha apportato una mitigazione
             del trattamento sanzionatorio della fattispecie già esistente, ha per altro verso
             ampliato lo spettro della punibilità alle condotte di cosiddetta propaganda, affian-
             cate a quelle di incitamento. Di significativo interesse è la circostanza che suc-
             cessivamente a tale novella, iniziano ad affacciarsi nel panorama giurispruden-
             ziale le prime pronunce, nelle quali viene riconosciuta la sussistenza del delitto
             di propaganda razziale ex art. 3 legge 654/1975 perpetrata mediante la diffusio-
             ne attraverso una pagina internet, di idee fondate sull’odio razziale ed etnico e
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             sulla discriminazione nei confronti degli Ebrei .
                  occorrendo che l’azione abbia prodotto effetti, cioè che la propaganda o l’incitamento siano
                  stati recepiti. Ciò che occorre, invece, in ossequio al principio di materialità, è che le espres-
                  sioni discriminatorie siano percepite da altra persona, quand’anche questa non ne abbia colto
                  la portata lesiva della propria dignità.
             4    La Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale
                  ONU, 21 dicembre 1965, in vigore dal 4 gennaio 1969 Resa esecutiva in Italia dalla legge 654
                  del 13 ottobre 1975 e in vigore dal 4 febbraio 1976 riporta testualmente nel proprio incipit
                  che “Considerando che la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di ogni forma
                  di  discriminazione  razziale  del  20  novembre  1963  (Risoluzione  n.  1904  [XVIII]
                  dell’Assemblea Generale) asserisce solennemente la necessità di eliminare rapidamente tutte
                  le forme e tutte le manifestazioni di discriminazione razziale in ogni parte del mondo, non-
                  ché di assicurare la comprensione ed il rispetto della dignità della persona umana”.
             5    Cfr. Cassazione penale, sezione III, n. 37581 del 3 ottobre 2008, Massima estratta da Banca
                  dati OneLegale “In tema di atti di discriminazione razziale od etnica, mentre le condotte con-
                  sistenti nel propagandare idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico ovvero

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