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HATE SPEECH E REATI DI OPINIONE NELL’ERA DI INTERNET




                    Nella ricerca di un difficile equilibrio, lo strumento penale si inserisce per
               reprimere e contrastare i reati di opinione, anche in parte spinto delle istituzioni
               sovranazionali che a tal proposito, sensibilizzano gli Stati per una tutela ampia
               e sconfinata, almeno quanto lo è la rete. Il fine ultimo delle istituzioni europee
               e di quelle interne, è di cercare di contrastare ed ostacolare l’affermazione del-
               l’odio nella rete, mediante l’adozione di iniziative, per quanto possibile condivi-
               se, per fronteggiarne la diffusione. I regolamenti e le indicazioni a livello euro-
               peo ed internazionale dimostrano l’attenzione che viene posta alla tutela della
               dignità umana e all’uguaglianza tra le persone.

               2.  L’uso dello strumento penale per fini preventivi e di contrasto degli
                  hate  speech:  propaganda  ed  istigazione  a  delinquere  per  motivi
                  discriminatori commessi mediante la rete
                    Il nostro sistema non ha predisposto una definizione giuridica di crimini
               d’odio, seppur, nel corso del tempo sono stati approntati diversi strumenti volti
               a tutelare la pari dignità umana. Quando si vuole delineare questa categoria di
               reati, si attinge alle formulazioni elaborate dall’ Ufficio per le istituzioni democra-
               tiche e i diritti Umani (il c.d ODIHR) e dall’Organizzazione per la sicurezza e la
               cooperazione in Europa (OSCE), che descrivono il crimine d’odio (hate speech)
               come quella tipologia di reati nei quali la vittima viene colpita in ragione della sua
               identità di gruppo (come la razza, l’origine nazionale, la religione o altra caratte-
               ristica di gruppo). I reati ispirati dall’odio possono colpire una o più persone
               oppure i loro beni . Si tratta dunque di reati complessi anche nella loro struttura
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               tipica, che affondano le proprie radici nella discriminazione e nel pregiudizio.
                    Si tratta in effetti di reati plurioffensivi, in quanto capaci di ledere contem-
               poraneamente  più  beni  giuridici  tutelati  dalla  norma  penale  incriminatrice.  Si
               pensi ai discorsi d’odio, che prima facie possono anche essere indirizzati nei con-
               fronti di una singola vittima, individuata e presa di mira, e che al medesimo tempo
               offendono  una  caratteristica  o  un’identità  non  limitata  alla  persona  offesa  dal
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               reato, ma che risulta riconducibile ad un gruppo o una collettività di persone .
               2    Definizione tratta dal Prosecuting Hate Crimes: A Practical Guide. Perseguire Giudizialmente i
                    crimini d’odio. Una guida Pratica Redatto dall’Ufficio OSCE per le Istituzioni Democratiche
                    e i Diritti Umani (ODIHR) e dall’Associazione Internazionale dei Pubblici Ministeri (IAP)
                    nel 2014, pag. 17-22.
               3    La natura plurioffensiva di tali reati, è stata sancita e ricostruita anche dalla giurisprudenza di
                    legittimità, Cassazione Penale, Sez. III, sentenza n. 36906 pubblicata il 14 settembre 2015,
                    che in punto di motivazione ricostruisce la struttura del reato in chiave plurioffensiva, rite-
                    nendo che bene giuridico tutelato sia non solo l’ordine pubblico, inteso come diritto alla
                    tranquillità sociale, ma anche, e soprattutto, la dignità dell’individuo. Da ciò consegue che
                    persona offesa dal reato è non solo colui verso il quale si rivolge la condotta ma anche i sog-
                    getti  che  appartengono  a  quella  etnia.  Trattasi,  inoltre,  di  reato  di  pericolo  astratto,  non

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