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L’USO ECCESSIVO DELLA FORZA DI POLIZIA E GLI STRUMENTI PER PREVENIRLO
Un tribunale valuterà se avrà adottato un metro di giudizio ragionevole
data la situazione, ma sarà una valutazione ex post utile per rinsaldare (o ridefi-
nire) i vincoli giuridici per il futuro: la decisione nella contingenza rimane un
problema dell’operatore di polizia che deve decidere come agire.
Si tratta di un nodo nevralgico dell’agire di polizia e non facile da sciogliere
anche in eventi di minore portata. I poliziotti devono prendere decisioni sul-
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l’uso della forza nel giro di qualche secondo: una split-second decision che a poste-
riori sarà dichiarata legittima o illegittima ma che, nel mentre i fatti si dispiegano,
implica un percorso interpretativo che nel giro di pochi attimi deve portare a
mettere in ordine di senso quanto sta accadendo, e, in particolare, a definire
anzitutto la criticità della situazione, e, a seguire, la necessità di intervenire, le
modalità migliori per farlo e dunque se utilizzare la forza è appropriato e accet-
tabile in quel frangente e fino a che punto spingersi.
Gli operatori di polizia (e le finzioni letterarie e cinematografiche che li
riguardano) spesso parlano di “intuizione” ed “esperienza” come elementi deci-
sivi per orientare la scelta su quale sia il modo migliore per agire in situazioni
critiche. Tanto l’intuizione quanto l’esperienza, se prese sul serio e non come
semplici rimandi retorici a quella che talvolta viene indicata in modo semplici-
stico come “università della strada”, richiamano la rilevanza della soggettività
del singolo operatore in rapporto alla dimensione della riflessività.
Nella nostra prospettiva, ogni esperienza, intesa come messa in relazione
del soggetto con il mondo circostante, si riempie di significati a seconda di
come si risponde a domande semplici (cosa sta accadendo? Chi sono le persone che ho
davanti? Cosa succede se mi comporto in un certo modo?).
Le risposte, tuttavia, non sono mai univoche perché tutto ciò che accade
viene setacciato e dotato di senso a seconda della propria soggettività: chi sono
io e di chi voglio essere, quali siano i miei bisogni e quali le mie aspettative, quali sentimenti
mi animano e quali valori mi definiscono, quali siano i miei convincimenti e i miei orienta-
menti politici. Si pensa continuamente alle proprie esperienze quotidiane e questo
avviene il più delle volte senza che ci si accorga di questo incessante lavorio
riflessivo.
15 C’è chi riconosce l’esistenza, in questi casi, di una vera e propria sindrome: la split-second
syndrome si verificherebbe quando occorre prendere decisioni che non consentono di ana-
lizzare la situazione a freddo e in modo ponderato (cfr. James J. Fyfe, The split-second syndro-
me and other determinants of police ”, in Roger G. Dunham, Geoffrey P. Alpert, Kyle D.
McLean (eds.), Critical issues in policing: Contemporary readings, 7th ed. Waveland Press, Long
Grove, IL, 1995, pp. 451-467.). Nella nostra prospettiva, questo approccio psicopatologico
rischia di non cogliere la dimensione interpretativa sottesa a ogni processo decisionale, sia
pure consumato in pochi istanti, e con essa gli aspetti normativi e culturali che entrano
nelle scelte individuali.
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