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DOTTRINA




                  L’ultima considerazione, a questo punto, attiene la delimitazione del con-
             cetto di colpa grave, per poi addivenire alle conclusioni circa il rapporto tra
             responsabilità ed obbligo di provvedere.

             4.  La colpa grave
                  La dottrina e la giurisprudenza non sembrano al momento fornire una
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             nozione unitaria di colpa grave . Secondo l’indirizzo corrente corrisponde alla
             colpa lata, come nimia negligentia (id est non intelligere quod omnes intelligunt), che è
             ravvisabile nel comportamento di colui che agisce con straordinaria ed inescu-
             sabile imprudenza e che omette di osservare non solo la diligenza media del
             buon padre di famiglia, ma anche quel grado minimo ed elementare di diligenza
             che tutti osservano .
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                  Al momento non sembra possibile una nozione unitaria di colpa grave e
             gli indici rilevatori di volta in volta utilizzati dalla giurisprudenza (consapevolezza,
             prevedibilità dell’evento, superamento dei limiti di comportamento, obiettivo pericolo, arbitra-
             rietà, negligenza inescusabile, illegittimità macroscopica, ingiustificabile leggerezza gestionale,
             etc) appaino meglio come figure sintomatiche che non possono sostituire l’ef-
             fettivo accertamento dell’entità della colpa; mentre il fatto doloso viene in evi-
             denza come fatto volontario che non si doveva volere, il fatto colposo si mani-
             festa come fatto involontario che non si doveva produrre; in tale concetto di
             colpa può agevolmente essere ricondotta la cosiddetta colpa cosciente, caratte-
             rizzata dal fatto che non si è tenuto conto nell’agire delle possibili conseguenze
             che le circostanze inducevano a prevedere.
                  Si accoglie, comunque, il criterio della colpa in concreto da accertare caso
             per caso in relazione alle modalità del fatto e all’atteggiamento del responsabile,
             ritenendo, tuttavia, che per ravvisare la gravità il giudizio di riprovevolezza deve
             essere basato su un quid pluris, rispetto ai parametri posti dagli artt. 1176 c.c. e
             43 c.p., mediante il raffronto tra il comportamento concretamente seguito e
             quello esigibile, utilizzando due criteri di valutazione, l’uno oggettivo (standard
             di diligenza) e l’altro soggettivo, riferito alle cause che hanno indotto l’agente a
             discostarsene.
                  Gli indirizzi ricorrenti fanno riferimento al grado di esigibilità del compor-
             tamento o allo standard della colpa professionale, evitando di far coincidere la
             colpa con la mera illegittimità dell’atto o antigiuridicità della condotta, per fare
             emergere il quid pluris della gravità.
             12   Un tentativo di tipizzazione dei casi di colpa grave di una legge regionale è stato fatto rien-
                  trare per declatoria di incostituzionalità (Corte Costituzionale, n. 340 del 2011).
             13   P. Santoro, E. Santoro, Nuovo manuale di contabilità e finanza pubblica, Maggioli, Rimini, 2021,
                  930 e ss.

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