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TURISMO SOSTENIBILE TRA INSIDIE DIGITALI E PROFILI SANZIONATORI



               5.  (Segue). Misure sanzionatorie e pratiche fraudolente. Il caso Airbnb
                    Nella direzione tratteggiata, s’inserisce, poi, la previsione di misure sanzio-
               natorie, tese, in particolare, a reprimere o, quantomeno, a contenere il fenome-
               no del greenwashing, a ciò non bastando l’ormai diffusa pratica delle certificazioni
               ambientali, mediante cui le strutture ricettive tentano di accreditarsi agli occhi
               dei consumatori quali imprese green.
                    In proposito, va ricordato come il tema costituisca oggetto d’attenzione,
               primariamente, a livello eurounitario, ove, più di recente, si è pervenuti all’ap-
               provazione - da parte del Parlamento europeo - della cosiddetta direttiva Green
               Claims , la quale, tra le altre cose, obbliga le imprese ad asseverare (con dati e
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               statistiche) le proprie dichiarazioni di marketing ambientale, prima di poter pub-
               blicizzare prodotti asseritamente indicati come “biodegradabili”, “meno inqui-
               nanti”, “a risparmio idrico”, ecc.
                    I Paesi membri sono, dunque, chiamati a identificare i responsabili di tali
               verifiche per passare al vaglio gli eventuali reclami opposti, proteggendosi in
               questo modo gli acquirenti da pubblicità mendace o ambigua. Ivi, è, altresì, pre-
               vista l’irrogazione di sanzioni, quali l’esclusione temporanea dalle gare d’appalto
               pubbliche, la perdita dei ricavi, oppure ammende pari almeno al 4% del fattu-
               rato annuo , salvo, in ogni caso, un regime derogatorio previsto in favore di
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               microimprese e PMI.
                    Nell’ordinamento  giuridico  nazionale,  invece,  le  fattispecie  ascrivibili  al
               fenomeno  del  greenwashing  nel  campo  turistico  (e  non)  possono,  anzitutto,
               inquadrarsi al pari di pratiche commerciali scorrette e, quindi, sanzionarsi sulla
               base delle norme di recepimento della direttiva 2005/29/CE, quali, in partico-
               lare, il d.lgs. 145/2007, che tutela i professionisti dalla pubblicità ingannevole e
               dalle sue conseguenze sleali, nonché il d.lgs. 146/2007, che ha modificato il
               codice del consumo agli artt. 18-27 e ha introdotto gli artt. 27-bis, 27-ter e 27-
               quater allo scopo di tutelare i consumatori. A tal fine, appare, dunque, necessaria
               - in via assolutamente preliminare - un’indagine protesa alla qualificazione del
               tipo d’informazione diffusa, tenuto conto che non ogni green claim necessaria-
               mente si traduce in pratiche di greenwashing.

               24   Direttiva (UE) 2024/825 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 febbraio 2024, che
                    modifica le direttive 2005/29/CE e 2011/83/UE per quanto riguarda la responsabilizzazio-
                    ne dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pra-
                    tiche  sleali  e  dell’informazione,  reperibile  in  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT
                    /TXT/?uri=OJ%3AL_202400825.
               25   Per un’analisi più accurata si rinvia, in particolare, a K. Schumacher, Environmental, Social,
                    and  Governance  (ESG)  Factors  and  Green  Productivity:  The  Impacts  of   Greenwashing  and
                    Competence Greenwashing on Sustainable Finance and ESG Investing, in APO Productivity Insights,
                    2022, 10 ss.

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