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BENI CULTURALI E DIRITTO INTERNAZIONALE PENALE
Preso atto che il fulcro della vita religiosa della popolazione maliana si
concentrava intorno ai templi e alle tombe della città non solo quali luoghi
deputati alle funzioni religiose e alla preghiera, ma in quanto meta di pellegri-
naggio per numerosissimi fedeli, i capi delle brigate armate incaricarono Al
Mahdi di sradicare simili pratiche in via definitiva. Benché anche le autorità
locali fossero state coinvolte in quest’opera di indottrinamento forzoso, la cit-
tadinanza, legata alla tradizione, continuò a celebrare i propri rituali con visite
frequenti ai mausolei cui erano legati da un solido sentimento di devozione.
Ciò, nella farneticante ideologia fondamentalista degli occupanti, rese improro-
gabile l’ordine di procedere alla distruzione di quei luoghi di culto; il reggente
di Timbuktu pose a capo della operazione Al Mahdi che, in qualità di coman-
dante della Hesba, nel breve arco temporale indicato, la diresse e portò a com-
pimento con diligente solerzia, fornendo un contributo determinante sia in fase
organizzativa che esecutiva dell’attacco .
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Questo, nella sua essenzialità, il resoconto della vicenda devoluta ai
Giudici dell’Aja, i quali al termine di un dibattimento esauritosi in appena tre
giorni, hanno adottato una sentenza rispetto alla quale era maturata nella comu-
nità internazionale un’aspettativa diffusa, trattandosi, appunto, del primo pro-
cesso nella sia pur breve esistenza della Corte, incentrato in via esclusiva su atti
di distruzione dolosa di edifici sacri, nessuno dei quali costituiva un obiettivo
militare. Benché, infatti, vi fosse ragione di credere che l’imputato avesse com-
piuto anche delitti di violenza sessuale in un più ampio contesto di gravi e gene-
ralizzate violazioni dei diritti umani, la scelta di circoscrivere l’addebito al “solo”
crimine previsto dall’art. 8 (2) (e) (iv) dello Statuto discostandosi così dalle pro-
spettazioni della denuncia, è sintomatica di una precisa volontà in tal senso
dell’ufficio di Procura. Sicuramente, vi furono circostanze contingenti per cui
l’accusa ebbe buon gioco a determinarsi come s’è detto - sia per la mole e l’evi-
denza delle prove a carico, sia per l’ammissione di colpevolezza dell’imputato -
tuttavia nel definire il perimetro della imputazione, è da ritenere che il Prosecutor
abbia volutamente “isolato” la condotta criminosa per stigmatizzarne lo specia-
le disvalore che, data la peculiarità del bene tutelato, impatta sul comune sentire
con ripercussioni che si propagano ben oltre i confini del ristretto ambito inte-
ressato.
44 Come emerso nel corso del procedimento, l’imputato svolse un ruolo, per così dire, multita-
sking: egli fece da supervisore e coordinatore dei compartecipi, decidendo la sequenza nella
quale i santuari avrebbero dovuto essere rasi al suolo; procurò i mezzi meccanici e le armi
necessarie alla esecuzione del crimine; predispose guardie armate a protezione degli aggres-
sori; registrò gli atti di aggressione; rilasciò interviste nelle quali illustrava, a fini propagandi-
stici, le presunte ragioni delle distruzioni perpetrate.
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