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BENI CULTURALI E DIRITTO INTERNAZIONALE PENALE
La ferocia distruttiva dei conflitti nei Balcani frutto di antiche istanze
nazionaliste soltanto sopite durante la lunga presidenza del maresciallo Tito e.
per questo, ferocemente riesplose alla sua morte, ha dunque evidenziato aspetti
nuovi e inquietanti della violenza bellica nei confronti dei beni culturali. Come
efficacemente osservato, la distruzione non è più inquadrabile nell’ottica del
mero “danno collaterale”: «essa avviene in luoghi lontani dalle zone di combat-
timento; colpisce beni e siti culturali selettivamente scelti al fine di eliminare
simboli religiosi, culturali o politici della identità del nemico, anche con moda-
lità che comportano la diligente rasa al suolo degli edifici e dei monumenti, per-
sino con rimozione dei detriti al fine di non lasciare traccia del bene nel luogo
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sottoposto a una forma di “pulizia etnico culturale”» .
Non più “danno collaterale” di un attacco sferrato contro un obiettivo mili-
tare legittimo e nemmeno “semplice” bottino di guerra da depredare, il patrimo-
nio artistico, culturale e religioso diventa bersaglio in ragione della sua massima
valenza simbolica, in quanto elemento identitario per eccellenza della comunità
che storicamente lo ha espresso e che in esso si riconosce. In questa prospettiva,
la distruzione di luoghi sacri e di preghiera del gruppo preso di mira, diventa com-
ponente irrinunciabile «di un attacco inteso come pulizia etnica, un’espressione di
deliberata volontà di ledere oggetti e beni che costituiscono il patrimonio che rap-
presenta l’identità più profonda di un popolo o di una comunità» .
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Si riproduce la stessa perversa evoluzione alla base delle aggressioni sfer-
rate ai beni culturali cui prima che in Europa, si era già assistito nel corso della
guerra tra Iran e Iraq e della prima guerra nel golfo nel ’90 e alla quale il mondo
intero assisterà ancora nel nuovo millennio, sgomento e impotente di fronte alle
aberranti distruzioni, nel marzo 2001, dei Buddha di Bamiyan in Afghanistan
per mano dei talebani che avevano acquisito il controllo del paese nel ’96 e,
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Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia, in Paolo Benvenuti - Rosario Sapienza (a cura di),
La tutela internazionale dei beni culturali nei conflitti armati, Giuffrè, Milano, 2007, pp. 252 ss.
33 Francesco Francioni, Beni culturali (protezione internazionale dei) cit., p. 66.
34 Edoardo Greppi, I crimini dell’individuo nel diritto internazionale, cit., p 103; Micaela Frulli,
Distruzione dei beni culturali e crimine di genocidio: l’evoluzione della giurisprudenza del Tribunale inter-
nazionale per la ex-Jugoslavia, in Paolo Benvenuti - Rosario Sapienza ( a cura di), La tutela inter-
nazionale dei beni culturali nei conflitti armati, Giuffré, Milano, 2007, pp. 253 ss.
35 La vicenda si caratterizzava per elementi inediti che ne hanno reso controverso il relativo inquadra-
mento giuridico: per la prima volta, la devastazione dettata da ragioni di iconoclastia era perpetrata da
un Governo non riconosciuto di uno Stato autoproclamatosi Emirato islamico dell’Afghanistan, con-
tro il proprio patrimonio culturale, al di fuori di un conflitto armato, e allo scopo di effettuare un atto
di ritorsione estrema nei confronti della Comunità internazionale che avrebbe negato di destinare al
sostentamento della popolazione afghana afflitta da una grave carestia, la somma stanziata per la
restaurazione delle statue raffiguranti i Buddha giganti; in argomento, cfr. Niccolò Lanzoni, La distru-
zione dei Buddha di Bamiyan. Una retrospettiva, in Elisa Baroncini (a cura di), Tutela e valorizzazione del patri-
monio culturale mondiale nel diritto internazionale, Bononia, University Press, Bologna, 2021, pp. 177 ss.
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