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INSERTO




                  L’impostazione della fonte convenzionale è stata però superata dalla giuri-
             sprudenza dell’ICTY nel processo a carico di Dusko Tadic , nel quale la disciplina
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             dei crimini di guerra fu estesa ai conflitti armati di carattere non internazionale.
                  La circostanza per cui l’art. 3 St. si riferisse alle violazioni di leggi e degli
             usi di guerra senza alcun riferimento testuale al tipo di conflitto, permise alla
             Camera d’appello di ricondurre alla sua sfera operativa numerose norme del
             diritto umanitario ritenute, oramai, parte integrante del diritto internazionale
             consuetudinario,  benché  non  espressamente  citate  dallo  Statuto,  comprese
             quelle applicabili ai conflitti armati interni. In particolare, le regole consuetudi-
             narie dalla cui violazione si faceva discendere la responsabilità penale nei con-
             flitti non internazionali, venivano identificate dai giudici con le serious violations
             menzionate dall’art. 3 comune alle Convezioni di Ginevra; con l’art. 19 della
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             Convenzione dell’Aja del 1954 sulla protezione dei beni culturali  e con il II
             Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1977 .
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                  Oltre a questo fondamentale approdo interpretativo, il Tribunale specifi-
             cava altresi’ i contorni dei crimini contro i beni culturali alla luce della peculiare
             dimensione lesiva che la loro distruzione aveva assunto nel contesto bellico in
             cui  furono  commessi;  in  questa  prospettiva,  i  giudici  dell’Aja  lessero  in  via
             estensiva la nozione di crimine internazionale. Dalla categoria dei crimini di
             guerra in cui si collocano gli attacchi ai beni protetti, giungevano all’ampliamen-
             to a quella dei crimini contro l’umanità, la cui integrazione non esige necessa-
             riamente un elemento fisico o materiale, essendo sufficiente l’intento discrimi-
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             natorio della condotta a rendere l’atto inumano ; di qui l’ulteriore considerazio-
             ne della aggressione a beni religiosi e culturali, come prova del dolo specifico
             richiesto dalla fattispecie di genocidio .
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             28   Tadic condannato per crimini di guerra e contro l’umanità, era una ufficiale delle forze serbo-
                  bosniache responsabili tra l’altro della pulizia etnica nella città di Prijedor e nelle zone circo-
                  stanti, i cui abitanti non serbi, dapprima costretti a indossare una fascia bianca sul braccio,
                  furono  poi  imprigionati  nei  vicini  campi  di  concentramento  di  Keraterm,  Omarska  e
                  Trnopolje. A seguito di una campagna di terrore, fatta di torture, percosse, aggressioni ses-
                  suali e altri maltrattamenti fisici e psicologici, furono 3176 i civili musulmani trucidati.
             29   La previsione al comma 1 stabilisce che «nel caso di un conflitto armato che non presenti
                  carattere internazionale, sorto nel territorio di una delle Alte Parti contraenti, ognuna delle
                  parti  contraenti  sarà  tenuta  ad  applicare  almeno  quelle  delle  disposizioni  della  presente
                  Convenzioni che riferiscono al rispetto dei beni culturali».
             30   ICTY,  Tadic,  IT-94-1-T,  Decision  on  the  Defence  Motion  for  Interlocutory  Appeal  on
                  Jurisdiction, Appeal Chamber, 2 ottobre 1995.
             31   ICTY, Trial Chamber, Prosecutor v. Kordic e Cerkez, 26.11.2001, IT-95-14/2-T, par. 206-207.
             32   ICTY, Trial Chamber, Prosecutor v. Krstic, 2.8.2001, IT-98-33/T, par. 580; per la giurispruden-
                  za del Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia, v. Ferdinando Franceschelli, La punizione dei
                  crimini contro il patrimonio culturale: il caso dei Mausolei di Timbuktu, in Cass. pen., 2017, pp. 4612 ss.;
                  Micaela Frulli, Distruzione dei beni culturali e crimine di genocidio: l’evoluzione della giurisprudenza del

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