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INSERTO
dei modi e dei mezzi delle riproduzioni, del tipo e del tempo di utilizzazione
degli spazi e dei beni (art. 108, comma 1); di eccezioni alle ipotesi di riprodu-
zioni libere rappresentate da quelle riproduzioni attuate con modalità che com-
portino contatto fisico con il bene, esposizione a fonti luminose, uso di stativi
o treppiedi all’interno di istituti di cultura (art. 108, comma 3-bis); di una cau-
zione nei casi in cui dall’attività in concessione possa derivare un pregiudizio ai
beni culturali (art. 108, comma 4).
La disciplina codicistica in materia di riproduzioni è chiara dunque nell’an-
teporre le esigenze di tutela dell’integrità fisica del bene culturale rispetto a
quelle di valorizzazione. La scelta è del resto coerente con il principio formulato
dal secondo comma dell’art. 6 del Codice dei beni culturali, secondo il quale «la
valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiu-
dicarne le esigenze».
La precedenza riconosciuta alla tutela, rispetto alla valorizzazione, oltre ad
incontrare una spiegazione logica, dal momento che non ci sarebbe nulla da
valorizzare se il bene non fosse integro, trova una ratio ulteriore nell’art. 3,
primo comma, del Codice dei beni culturali, secondo il quale le attività di tutela
sono svolte per «fini di pubblica fruizione». La tutela del bene culturale deve
infatti essere diretta a favorire la fruizione pubblica del bene culturale, nel per-
seguimento delle finalità ultime individuate dal Codice, che individuano la stes-
sa ragion d’essere della disciplina in materia di patrimonio culturale: quella di
preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e quella di
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promuovere lo sviluppo della cultura .
3. Riproduzione del bene culturale e tutela della componente immate-
riale
Ma la riproduzione potrebbe dare origine ad un diverso tipo di contrasto
tra tutela e valorizzazione del patrimonio culturale nei casi in cui ad essere lesa
o minacciata sia la componente immateriale del bene culturale. Sul punto si ren-
dono opportune alcune precisazioni.
Nell’ordinamento italiano, la nozione di bene culturale è tradizionalmente
rimasta sempre ancorata ad una concezione materiale del bene, venendo a rile-
vare come oggetto di tutela la res e non il valore culturale da essa veicolato che
si abbia interesse a rendere pubblicamente fruibile.
Possono richiamarsi in particolare la l. n. 1089 del 1939, sulla “Tutela
delle cose d’interesse artistico o storico” - c.d. legge “Bottai” -, che faceva rife-
rimento alle «cose mobili e immobili» di interesse storico, artistico, archeologico
8 Art. 1, comma 2, del Codice dei beni culturali.
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