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             anze - da sempre poco incline alla condivisione d’intenti e divisione di potere - il
             tutto in favore della necessaria costituzione di una difesa comune a livello regionale
             al fine di contenere l’influenza di alternative Potenze emergenti e, in particolare, al
             fine di garantire una pronta risposta di fronte al pericolo che L’Unione Sovietica
             poteva costituire alla ricostruzione di uno stabile ed “unito” occidente.
               Fin dalla sua fondazione, la NATO, è sempre stata caratterizzata da un asimme-
             trico rapporto di poteri all’interno dell’Alleanza, fortemente indirizzata dalle deci-
             sioni  di  Washington  soprattutto  in  quella  che  la  storia  conosce  come  Guerra
             Fredda.
               Questa politica subì un drastico cambio di direzione nel trentennio successivo
             al 1989, in quanto il disgregamento dell’Unione Sovietica, rese sicuramente più dif-
             ficile la conferma degli impegni assunti in passato ed al contempo accentuò la
             divergenza  in  seno  all’Alleanza.  Ma,  nonostante  il  comune  pensiero  secondo  il
             quale le alleanze tendono a sciogliersi quando la minaccia contro cui si formano
             cessa di gravare sui suoi membri, la NATO dimostrò una grande capacità di adat-
             tamento, modificando rapidamente i propri obiettivi, rendendo più ambio il suo
             raggio d’azione e l’estensione delle sue funzioni. Si pose dunque come il baluardo
             innanzi alla nuova minaccia che si profilava sulle sponde del cosiddetto Fianco Sud,
             inaugurando l’era delle operazioni di crisis managenment.
               Il culmine, tristemente noto, si raggiunse nel 2001, ove, a seguito dell’attacco
             dell’11 settembre alle Torri Gemelle ad opera del regime talebano di Osama Bin
             Laden, venne attivato per la prima volta l’articolo 5 dello Statuto - vero e proprio
             casus foederis dell’Alleanza - che determinò l’uso della forza in virtù dell’esercizio del
             diritto di autodifesa individuale o collettiva. Da allora, si alternarono fasi di conti-
             nuità a fasi di discontinuità nelle relazioni transatlantiche, e le vicissitudini nel tea-
             tro afghano, analizzate nel volume in modo chiaro ed ordinato, ne sono il risultato.
             Ne sono altresì il risultato le scelte intraprese nelle tre diverse fasi del conflitto
             immediatamente successivo: la prima caratterizzata dalle direct actions e dalle opera-
             zioni di peace enforcing, ove la Nato fornì il necessario supporto tattico, logistico ed
             operativo, e la seconda contraddistinta dal termine delle ostilità dirette e dallo svi-
             luppo delle operazioni di peace building e peace keeping, ove l’Italia si distinse imme-
             diatamente nella gestione del settore Ovest dell’Afghanistan (TAAC West), infine
             la terza determinata dal disimpegno e dalla repentina evacuazione di Kabul.
               Parallelamente, anche nelle operazioni in Iraq, l’Alleanza mostrò una notevole
             capacità organizzativa, resa possibile dallo sviluppo del settore addestrativo oltre
             che operativo. Le scuole e le accademie NATO nei paesi alleati, unitamente ai fre-
             quenti workshop internazionali ed agli addestramenti congiunti, consolidarono la
             caratterizzazione joint - combined dell’organizzazione, capace di stabilire uno stan-
             dard militare collettivo, oggi definito standard NATO, sovrapponendosi così alle
             naturali divergenze politico-gestionali degli Stati Alleati.
               Gli impegni dell’Alleanza andarono oltre la lotta al terrorismo e la sicurezza
             umanitaria, coinvolgendo anche le emergenze sanitarie, le incertezze alimentari e
             l’impegno a ridurre e combattere il cambiamento climatico.
               Questi sono i maggiori argomenti in contrasto con uno dei competitor a 360°
             dell’Alleanza: La Cina.
               La relazione con il paese del Sol Levante è analizzata nel volume dalla caratte-
             rizzazione de contrasto di valori fondamentali tra le due fazioni, ancora una volta
             rilevante come nell’epoca della guerra fredda. Come allora, il campo di operazioni
             coinvolge la tecnologia e l’espansione della sfera d’influenza globale piuttosto che
             le azioni dirette.

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