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LIBRI
Francesco Ciro Luigi Pavia
Mobilitato. Vita, sofferenze, prigionia di un giovane
Carabiniere Reale
AndreaLivi editore, Fermo, 2023, pp. 107, euro 20,00
Pietro Pavia fu un Carabiniere mobilitato che visse
completamente le vicende del secondo Conflitto
Mondiale, dalla guerra, alla deportazione come
Internato Militare Italiano dai Balcani alla Germania e
ai territori sotto controllo tedesco.
Deportato dai tedeschi inizialmente a Drascovizza
in Albania fu poi trasferito ad un altro campo nei pressi
di Belgrado. Da qui riuscì fortunosamente ad evadere
raggiungendo così il movimento resistenziale della
zona dalla quale poi si riuscì a spostare verso un’unità partigiana italiana. Così poté
unirsi alla 2 brigata partigiana italiana della Divisione Garibaldi con la quale con-
a
tinuò a combattere contro i tedeschi.
Egli, con i suoi compagni d’armi, dovette attendere il marzo 1945 per essere
rimpatriato in Italia e ritornare finalmente a svolgere il servizio d’istituto nell’Arma
dei Carabinieri ancora per poco Reali.
Le vicende di Pietro Pavia che il figlio Francesco Ciro Luigi ha pubblicato tra-
scrivendo il “diario di guerra” del padre, ci mostrano un lato importante delle
vicende che videro tanti italiani all’estero e, tra questi, moltissimi Carabinieri cadere
catturati dall’ex alleato.
Un trattamento duro e inumano sarebbe stato quello loro riservato classifican-
doli al di fuori del Diritto Internazionale dell’epoca, rimuovendo quelle garanzie e
tutele che erano riconosciute ai prigionieri di guerra.
Ma Pavia, ci racconta anche un’altra storia, quella del riscatto e della redenzione
che portò il protagonista a far parte dapprima di una formazione partigiana locale,
la 14 Brigata Erzegovina-slava e, quindi, a raggiungere altri italiani, quelli della
a
Divisione Garibaldi con i quali finalmente Pavia poté ritornare in Italia l’11 marzo
1945. Si era dovuto adattare alla miseria estrema, ai soprusi di molti civili che uti-
lizzarono questi uomini come animali per duri lavori retribuiti con una zuppa mise-
ra e alle angherie dei tedeschi che erano riusciti a catturarli, ma le vicende di Pavia
si conclusero con favore riuscendo finalmente a mettere i piedi sul suolo patrio.
Al rientro l’accoglienza in un campo nel quale furono sistemati tutti i reduci di
tale anabasi per essere sottoposti a visite sanitarie e ad interrogatori tesi ad accer-
tare la posizione di ciascuno. Pavia tornò ad indossare l’uniforme da Carabiniere
con gli alamari e rimase in servizio d’istituto in Puglia in una fase molto complessa
della storia nazionale con la fine della Guerra e la Liberazione del nostro Paese
dall’oppressione.
Le immagini che riproducono fotografie e documenti e che accompagnano il
diario testimoniano bene l’odissea che il Carabiniere Pavia e tutti gli uomini come
lui vissero nei Balcani con la proclamazione dell’armistizio l’8 settembre 1943. Nel
suo caso e di altri Carabinieri, l’appartenenza all’Arma non si tramutò nel massacro
a cui furono sottoposti i Carabinieri della Colonna Gamucci, ma visse privazioni e
sofferenze, superando un anno e mezzo di grandi patimenti.
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