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INSERTO
radicato e attuale. Effetto questo, di una inconscia abitudine mentale, che ci
spinge a non tener conto della disparità tra i sessi e a perpetuare gli stereotipi
riguardanti i ruoli e le responsabilità delle donne e degli uomini nella società.
Il 27 maggio 2021 la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha stig-
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matizzato tale impostazione condannando lo Stato italiano a risarcire la presun-
ta vittima di stupro per violazione dell’art. 8 della Convenzione Europea dei
Diritti Umani (CEDU), che sancisce il principio secondo il quale “ogni persona
ha diritto al rispetto della propria vita privata”, specificando che nella sentenza sono
contenuti “dei passaggi che non hanno rispettato la sua vita privata e intima”, con un
“linguaggio e argomenti tali da esporre le donne a una vittimizzazione secondaria, utilizzan-
do osservazioni colpevolizzanti e moralizzatrici volte a scoraggiare la fiducia delle vittime
nella giustizia”. La sentenza della Corte fiorentina aveva poi riprodotto stereotipi
sessisti e veicolato “pregiudizi sul ruolo della donna che esistono nella società italiana e
che sono suscettibili di costituire ostacolo a una protezione effettiva dei diritti delle vittime di
violenza di genere a fronte di un quadro legislativo soddisfacente”.
La ratio alla base di tale pronuncia si riscontra nel fatto che le autorità sta-
tali italiane avrebbero riprodotto stereotipi sessisti, ponendo in essere la c.d.
post-crime victimization, situazione che si verifica quando le persone vittime di reati
subiscono una seconda aggressione e/o colpevolizzazione da parte delle istitu-
zioni. Questa sentenza ha un valore etico e giuridico enorme, se si considera poi
che il nostro Paese è stato sottoposto anche a richiami formali da organismi
sovranazionali di controllo come il GREVIO e il Comitato CEDAW proprio
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con riferimento al corretto uso del linguaggio da parte della magistratura, che
soprattutto nei casi di violenza sulle donne è condizionata da introiettati pregiu-
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dizi giudiziari, frutto di un contesto sociale basato sul patriarcato .
Simili pregiudizi, stereotipi nel linguaggio, scarso empowerment delle donne,
sono tutti segnali di allarme che coinvolgono i diversi operatori del settore,
avvocati, forze dell’ordine, magistrati nei procedimenti giudiziari, sia nel settore
penale che in quello civile e che, inconsapevolmente possono incidere negativa-
mente sullo svolgimento delle indagini, sull’acquisizione di tutti gli elementi utili
a ricostruire il fatto, sulla valutazione delle condotte dell’indagato/imputato e
della persona offesa e infine sulla decisione.
4 La Corte Europea dei Diritti Umani, con la sentenza del 27 maggio 2021 - ricorso n.
5671/16, causa J.L. contro Italia.
5 La Convention on the Elimination of all forms of Discrimination Against Women (CEDAW), ratificata
dall’Italia con la legge del 14 marzo 1985, n. 132, entrata in vigore il 10 luglio 1985. Il
Comitato CEDAW il 21 luglio 2017 ha presentato Osservazioni conclusive relative al VII
Rapporto periodico dell’Italia.
6 Stereotipi e pregiudizi di genere nel sistema giudiziari, su Raccomandazione del Comitato CEDAW,
numero 33, sull’accesso delle donne alla giustizia.
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