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STEREOTIPI E PREGIUDIZI
la sua morale da domande molto intime su quanto accaduto durante i rapporti
sessuali intercorsi. Quesiti che esulavano dai fatti oggetto dell’imputazione,
volte esclusivamente a screditarla e, conseguentemente, a minarne la credibilità,
facendo leva sullo stereotipo secondo cui una donna “onesta” non poteva subi-
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re una violenza sessuale e che le donne in generale dovevano essere pronte a rac-
cogliere i frutti che avevano seminato, cioè quelli del femminismo.
La storia di Fiorella, vittima di stupro, e della strenua difesa del suo avvo-
cato Tina Lagostena Bassi furono il primo esempio di vittimizzazione seconda-
ria portato in aula, tanto da suscitare un impatto significativo sull’opinione pub-
blica.
Siamo nel 2024 e gli echi di un processo, quello del 1979, tornano con pre-
potenza ad interrogarci.
Nel 2015 i giudici della Corte d’Appello di Firenze, assolsero sei ragazzi
imputati per violenza sessuale di gruppo ai danni di una ventiduenne fuori
dalla Fortezza da Basso, a Firenze, rovesciando completamente la condanna in
primo grado. In plurimi passaggi della motivazione della sentenza di assoluzio-
ne , i giudici di Appello diedero credito alla versione dei ragazzi, dubitando
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della credibilità della giovane donna basandosi su diverse contraddizioni pre-
senti nella sua testimonianza e sulla ricostruzione della sua vita privata e delle
sue abitudini sessuali. I giudici della Corte d’Appello di Firenze in particolare
si soffermarono a descrivere il tipo di biancheria intima indossata dalla perso-
na offesa, il suo orientamento sessuale e le sue relazioni. Una motivazione
densa di giudizi morali che si racchiudeva nella definizione di vita non lineare
della giovane donna.
Anche in questo processo, così come tuttora frequentemente nei procedi-
menti per reati in materia di violenza di genere, sono presenti stereotipi di gene-
re, che tendono talvolta a minimizzare la violenza, magari attraverso un linguag-
gio colpevolizzante. Inoltre, nel caso di specie alla persona offesa erano state
poste domande su questioni non pertinenti e di natura strettamente personale
e intima , esponendo così la vittima a una vittimizzazione secondaria, alla col-
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pevolizzazione della persona offesa, indicativo di un atteggiamento culturale,
1 https://www.raiplay.it/video/2018/01/Processo-per-stupro-larringa-di-Lagostena-Bassi-
6c151db1-80b0-4ecc-b608-9a3d5f63f2a4.html.
2 Corte d’Appello di Firenze, sez. II, 4 marzo 2015, n. 858.
3 Si richiama in proposito il disposto dell’art. 54 della Convenzione di Istanbul, secondo cui
“le parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che in qualsiasi
procedimento civile o penale le prove relative agli antecedenti sessuali e alla condotta della
vittima siano ammissibili unicamente quando sono pertinenti e necessarie” e dell’art. 472,
comma 3-bis, c.p.p. “In tali procedimenti non sono ammesse domande sulla vita privata o
sulla sessualità della persona offesa se non sono necessarie alla ricostruzione del fatto”.
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