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RAPPORTI TRA SEQUESTRO PREVENTIVO PREORDINATO ALLA CONFISCA TRIBUTARIA
                                         E PROCEDURA FALLIMENTARE




               sequestrati devono essere separati dalla massa e affidati all’amministratore giu-
               diziario; qualora i beni di entrambi i procedimenti coincidano perfettamente, la
               procedura concorsuale deve essere dichiarata chiusa, salvo riapertura in caso di
               revoca del sequestro, e attrazione dei beni alla massa fallimentare .
                                                                              (6)
                    Il secondo orientamento , invece, fonda tutte le sue argomentazioni sul-
                                            (7)
               l’effetto dello spossessamento in capo al debitore, ingenerato dalla sentenza
               dichiarativa di fallimento, che precede la misura cautelare reale, configurando
               quindi il curatore come persona estranea al reato, al quale non sarebbe possibile
               a norma di legge sottrarre i beni attraverso il loro sequestro preventivo. Così
               ragionando, questo orientamento farebbe venir meno anche l’argomentazione
               dell’obbligatorietà e della natura sanzionatoria della confisca tributaria, ai sensi
               dell’art. 12-bis del d.lgs. n. 74/2000, il quale esplicitamente ne esclude l’operati-
               vità nei confronti di persona estranea al reato. Infine, il suddetto orientamento
               fa leva proprio sulla pronuncia cosiddetta Uniland, affermando che se la cura-
               tela è legittimata a proporre impugnazione contro i provvedimenti cautelari che
               colpiscono i beni della massa fallimentare, lo è proprio perché ne ha la piena
               disponibilità, in termini di detentore qualificato .
                                                             (8)
                    L’orientamento giunge, quindi, alla conclusione che, diversamente opinan-
               do, si sancirebbe un privilegio a favore del Fisco e un’evidente lesione del prin-
               cipio della par condicio creditorum, poiché si destinerebbero dei beni a soddisfaci-
               mento  della  pretesa  tributaria,  sottraendoli  alla  massa  fallimentare,  chiamata
               invece a tutelare tutti i crediti vantati nei confronti del fallito.
                    Le Sezioni Unite, nell’argomentare la loro pronuncia, sottolineano come
               la  stessa  non  possa  fondarsi  sull’argomentazione  legislativa  del  Codice  della
               crisi di impresa e di insolvenza, in quanto entrata in vigore successivamente ai
               fatti per cui è causa, non potendo l’interprete dar loro efficacia retroattiva anche
               solo in via interpretativa, ai sensi dell’art. 11 delle preleggi.
                    Entrando poi nel cuore della pronuncia, la prima precisazione della Suprema
               Corte, che opera da premessa logica e giuridica del prosieguo, attiene proprio l’ef-
               fetto dello spossessamento tipico della sentenza dichiarativa di fallimento.
                    … a seguito della dichiarazione di fallimento, la titolarità dei beni resta in capo al fal-
               lito sino al momento della vendita fallimentare per i beni o del riparto dell’attivo per il denaro.
               E, dunque, non si realizza quella condizione di ‘appartenenza a terzi’ che inibisce, secondo
               la disposizione citata, l’adozione del provvedimento ablatorio della confisca.

               (6)   Per approfondimenti sul tema, cfr. S. Carosso, L. Ponzani, La tutela dei creditori nella legislazione
                    antimafia e nella disciplina del sequestro e confisca alla luce del codice della crisi e della Riforma Cartabia,
                    www.dirittodellacrisi.it, 2023.
               (7)   Tra le ultime pronunce cfr. Cass. Pen., Terza Sezione, n. 12125/2021.
               (8)   A riguardo si ricorda la pronuncia Cass. Pen., Terza Sezione, n. 23645/2020.

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