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SCIENTIAE




                  Tuttavia,  nella  sua  intervista  riconosce  che  è  necessario  bilanciare  in
             maniera equilibrata il diritto alla sicurezza e il diritto alla privacy dei cittadini.
                  È importante ricordare quando si parla di riconoscimento facciale che,
             specie quando applicato da autorità pubbliche nei luoghi pubblici come le sta-
             zioni,  per  esempio,  dove  transitano  migliaia  di  persone  diverse  ogni  giorno,
             nello scenario ipotizzato dal ministro, queste verranno sottoposte a una sorve-
             glianza continua, senza mandati giudiziari. Il che significa raccogliere miliardi di
             dati (di relazione e di abitudini) su tutti i cittadini con gravi implicazioni etiche
             e morali.
                  Attualmente esistono già dei riferimenti normativi italiani che tutelano il
             cittadino sull’uso sconsiderato della tecnologia del riconoscimento facciale bio-
             metrico. Il suo impiego per finalità di pubblica sicurezza e indagini penali è con-
             sentito  infatti  dalla  normativa  vigente  (nello  specifico,  dalla  conversione  del
             decreto-legge 139/21) da quasi due anni. Inoltre, la Corte di cassazione non
             rileva nei luoghi pubblici una ragionevole aspettativa di privacy.
                  Rimane di fondamentale importanza mantenere la situazione equilibrata
             tra sicurezza e privacy perché, se da un lato, la sicurezza si può garantire anche
             tramite controllo diffuso con videosorveglianza, dall’altro l’applicazione di con-
             trolli più estesi ed efficaci genera nelle persone una reazione di istintivo rifiuto.
                  La questione del bilanciamento tra i diritti di sicurezza e privacy finora
             trattata richiede anche interventi da parte del parlamento EU (Unione Europea)
             della UE, che poi ogni stato facente parte dell’Unione dovrà recepire in maniera
             autonoma. La discutibile motivazione fondamentale di un intervento a livello
             globale europeo è che il superiore interesse degli Stati membri e la tutela della
             collettività non possano essere limitati “in nome della privacy”. È anche vero
             che esistono già dei meccanismi di tutela del cittadino per evitare che le attività
             di pubblica sicurezza si traducano in una potenziale limitazione dei diritti.
                  Attualmente la direttiva 680/16 recepita anche dall’Italia si occupa della
             questione e fornisce già degli strumenti per controllare, caso per caso, se una
             specifica attività di polizia connessa alla raccolta di dati e informazioni abbia
             superato o meno i confini fissati per legge. Ma l’impianto di regole riguardante
             l’argomento è ancora tutt’oggi oggetto di discussione da parte della stessa EU.
                  Nel percorso tuttora in essere per la ricerca del delicato equilibrio tra dirit-
             to alla sicurezza e diritto alla privacy, con riferimento a queste tecnologie evo-
             lute adottate esclusivamente dalle forze dell’ordine, la posizione di fiducia nel-
             l’impiego di questi strumenti in nome di una maggiore tutela della sicurezza dei
             cittadini dovrebbe rappresentare una posizione di fiducia nelle istituzioni.



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