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SOCIETAS DELINQUERE ET PUNIRI POTEST
mafioso, in modo da autoregolamentarsi e dotarsi di presidi idonei ed adeguati a
scongiurare il contagio criminoso.
L’adozione da parte delle imprese di appositi modelli organizzativi ex d.lgs.
231/2001, in seguito all’inserimento dei delitti di mafia nel catalogo dei reati-
presupposto, può quindi correttamente inquadrarsi “entro la comune cornice
della «sicurezza partecipata» tra pubblico e privato nel campo della «profilassi
aziendale» contro le infiltrazioni mafiose”, cornice in cui pure campeggiano
l’istituto della ex Sospensione temporanea, oggi disciplinata dall’art. 34 del
Codice antimafia, nonché gli istituti della prevenzione amministrativa, quale la
già attenzionata informazione interdittiva emessa dal Prefetto, o, ancora, il com-
missariamento dell’ente, di cui all’art. 32 d.l. 90/2014; una misura collocata tra
le maglie di un provvedimento che sarebbe generalmente teso ad “introdurre
disposizioni volte a garantire un miglior livello di certezza giuridica, correttezza
e trasparenza delle procedure nei lavori pubblici.
Lo scopo di tutto l’impianto osservato è recidere il legame tra mafia e
imprese nella maniera più anticipata possibile, auspicando di scongiurarne il
verificarsi, dal momento che sempre più frequentemente il principale sostenta-
mento delle societas sceleris non deriva dal compimento di veri e propri illeciti ma
dal reimpiego di capitali e risorse in attività almeno formalmente legali, tanto
propriamente nelle ipotesi di quegli impianti societari in cui enti sostanzialmente
sani siano solo occasionalmente inquinati e macchiati di criminalità mafiosa, che,
è evidente, sono i principali destinatari della normativa qui al vaglio.
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