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DUE “DIRITTI” APPLICABILI PER UN SOLO INDIVIDUO




                    Non può nemmeno trascurarsi che taluni dei reati comuni presentano,
               quali elementi specializzanti, le qualifiche soggettive dell’autore del reato, cosid-
               detti reati propri: proprio la presenza di questi elementi specializzanti può avvi-
               cinare il mondo militare al mondo comune, si pensi, ad esempio, alla qualifica
               di pubblico ufficiale o qualifiche militari eventualmente rivestita dall’autore del
               reato o dalla persona offesa.
                    In  questi  casi,  in  applicazione  dei  principi  elaborati  dalla  Corte  di
               Cassazione Penale, in materia di concorso apparente di norme, si è raggiunto
               un punto di svolta nel rapporto tra le norme penali comuni e le norme penali
               militari senza svilire la naturale specialità delle seconde rispetto alle prime.
                    In passato, infatti, la specialità dettata e dalla qualifica soggettiva - qualifica
               di  militare  dell’autore  del  reato  e/o  della  persona  offesa,  sia  esso  superiore
               gerarchico o inferiore gerarchico - e dalla natura precipua dell’interesse protetto
               - ordine militare, disciplina militare, rapporto gerarchico - giustificava spesso
               l’applicazione della sola legge speciale, in applicazione dell’art. 15 c.p. secondo
               cui: “Quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale
               regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla
               legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito”.
                    Questo assorbimento, finalizzato ad evitare inutili duplicazioni processuali
               dinnanzi a due Autorità giudiziarie diverse e ad impedire ipotesi vietate di bis in
               idem,  veniva  talvolta  giustificato  da  esigenze  cosiddette  equitative,  ritenendo
               maggiormente equa l’applicazione della sanzione penale militare ad un fatto
               commesso da un militare in servizio.
                    Questa impostazione generava talvolta storture.
                    Si pensi ai casi in cui una norma penale comune punisca un fatto -sussu-
               mibile anche sotto la fattispecie militare - con una pena più grave rispetto alla
               pena comminata dalla legge militare.
                    Ebbene, in queste ipotesi, pur essendo in presenza di un caso di specialità
               tra due fattispecie che presentano i medesimi elementi costitutivi, ma con un
               quid pluris che rende speciale e, dunque, applicabile una delle due, si verifiche-
               rebbe un paradosso: il fatto verrebbe punito con una pena inferiore generando
               una disparità di trattamento ingiustificata perché non corrispondente al giudizio
               di disvalore penale dato dal legislatore.
                    Questa aberrazione giuridica non potrebbe mai essere ammessa in uno
               Stato di diritto governato da un principio di legalità formale-sostanziale.
                    Da questo ragionamento analitico, infatti, si è preso spunto per teorizzare
               e, quindi applicare, le coordinate ermeneutiche dettate dalla giurisprudenza di
               legittimità per i reati comuni, anche ai reati militari.


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