Page 25 - Rassegna 2022-3
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IL PATTEGGIAMENTO
                    COME CAUSA ESCLUDENTE DALLE PROCEDURE AD EVIDENZA PUBBLICA




                    D’altra parte - continua la sentenza della Cassazione su citata -, non pos-
               sono essere prospettate con il ricorso per cassazione questioni incompatibili
               con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato, in quanto
               l’accusa, se correttamente qualificata, non può essere rimessa in discussione.
                    Entro questo quadro, il giudice del patteggiamento deve effettuare il con-
               trollo preteso dall’art. 129 c.p.p., comma 1, in una situazione in cui per effetto
               dell’accordo sulla pena l’imputato ha rinunciato, non solo a controvertere sulla
               quantificazione della sanzione, ma anche sul diritto alla prova, accettando di
               essere giudicato in base agli atti probatori presenti nel fascicolo, rinunciando
               altresì a controvertere sul fatto.
                    I limiti di quello che viene definito un accertamento negativo della non
               punibilità dell’imputato effettuato con la sentenza di patteggiamento, che deter-
               mina diverse regole di giudizio rispetto alla sentenza di condanna, condiziona
               in coerenza i motivi che possono essere oggetto del ricorso per cassazione, nel
               senso che la natura negoziale del rito incide in concreto sui ricorsi di legittimità
               contro questo tipo di sentenze. In particolare, oltre a non poter essere dedotte
               insufficienze ovvero carenze probatorie, la stessa denuncia dell’errata qualifica-
               zione giuridica del fatto è destinata a ricevere un’applicazione limitata.
                    La Cassazione nella sentenza n. 35432/2013 riconosce che la possibilità di
               impugnare la sentenza di patteggiamento per denunciare l’erronea qualificazione
               giuridica del fatto ha dato luogo ad interpretazioni contrastanti, risolte da un
               intervento delle Sezioni unite (sent. n. 5 del 19 gennaio 2000), le quali hanno
               statuito che con il ricorso per cassazione può essere denunciata l’erronea quali-
               ficazione del fatto come prospettata dalle parti e recepita dal giudice, e ciò perché
               è lo stesso art. 444 c.p.p., comma 2, ad imporre siffatto controllo, funzionale ad
               evitare che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati.
                    Tuttavia - si legge ancora nella citata sentenza - proprio in considerazione
               della natura del patteggiamento e dello scopo del controllo affidato al giudice,
               la giurisprudenza ritiene che l’impugnabilità per l’erronea qualificazione del
               fatto debba essere limitata ai casi in cui quella prospettata dalle parti sia pale-
               semente erronea ovvero ai casi in cui la contestazione originariamente deli-
               neata  dal  solo  pubblico  ministero  sia  anch’essa  manifestamente  erronea.
               Quindi, la ricorribilità della sentenza di patteggiamento è ammessa nelle sole
               ipotesi di errore manifesto, ossia quando sussiste realmente l’eventualità che
               l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati, sicché deve essere esclusa
               tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità:
               l’errata qualificazione giuridica del fatto può essere fatta valere solo dinanzi ad
               un evidente error in iudicando che «dissimuli un’illegale trattativa sul nomen iuris»,


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