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LEADERSHIP E DISIMPEGNO MORALE
sicuri nel contesto in cui si trovano, facendo in modo che essi facciano uso del
loro disimpegno morale e agiscano immoralmente.
Tuttavia, vi sono anche molti studi che si sono concentrati sulle caratteri-
stiche dei follower in particolare su quelle che permettono loro di agire immoral-
mente senza provare eccessivo rimorso. Un importante contributo, in questo
senso, viene fornito nel 2017 da Knoll, Schyns e Petersen, che hanno indagato
il ruolo dei sottoposti nella leadership immorale, considerando le teorie implicite
che le persone hanno sul ruolo di sottoposto stesso e sul ruolo del leader.
Nello specifico, essi riprendono la distinzione di Sy del 2010, che ha cate-
gorizzato i subordinati secondo sei dimensioni: diligenza, entusiasmo, buona
cittadinanza, conformismo, insubordinazione e incompetenza. Tuttavia, sebbene
l’efficacia del lavoratore sia comunemente percepita come correlata in modo
positivo con le prime tre dimensioni e in modo negativo con le seconde tre, essa
non implica necessariamente la presenza della moralità, poiché, in certi casi,
seppur con i migliori intenti, alcuni individui valutati come efficaci contribui-
scono agli esiti immorali che scaturiscono da determinate condotte.
Pertanto il lavoro del 2017 di Knoll e altri colleghi, si pone come obiettivo
quello di comprendere il ruolo delle singole teorie implicite sulla posizione di
subordinato nel determinare il comportamento immorale; in particolare, si
intendeva indagare quali delle suddette dimensioni possano facilitare il soggetto
ad assecondare la richiesta immorale del leader e quali, viceversa, possano impe-
dire tale processo. Tenendo conto di questi obiettivi, gli autori conducono due
studi.
Nel primo, vengono avanzate le due seguenti ipotesi: da una parte, il con-
formismo, la diligenza, l’entusiasmo e la buona cittadinanza moderano la rela-
zione tra l’indicazione immorale del leader e la compiacenza di chi lo segue, nel
senso che i sottoposti che presentano queste caratteristiche, tendono maggior-
mente a collaborare con una leadership non etica; dall’altra, l’insubordinazione
modera la relazione tra l’indicazione immorale del leader e la compiacenza del
dipendente, nel senso che coloro che manifestano questa tendenza riescono a
disobbedire a un ordine non etico da parte di un superiore.
Per verificare tali ipotesi, a un campione di 187 adulti, di età media pari a
trentadue anni circa, di cui l’ottanta per cento erano donne, è stato assegnato il
ruolo di un manager intermedio che, nella prima parte dell’esperimento, avreb-
be dovuto eseguire una serie di compiti, quali decidere il salario dei nuovi dipen-
denti, organizzare programmi di formazione, rivedere le richieste di ferie
annuali, e, nella seconda parte dello studio, invece, gli sarebbe stato chiesto dalla
figura dell’amministratore delegato di valutare otto candidati, dei quali quattro
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