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DOTTRINA
erano connazionali (tedeschi) e quattro erano immigrati stranieri, e indicarne tre
ai quali concedere un colloquio di lavoro; solo due dei candidati connazionali e
due di quelli stranieri, inoltre, avevano le qualifiche necessarie per la posizione
lavorativa in questione. Nel gruppo sperimentale del campione, però, le indica-
zioni dell’amministratore delegato includevano anche una dichiarazione che
suggeriva che gli immigrati non fossero adatti a quella posizione lavorativa.
Pertanto, i partecipanti si trovavano di fronte al dilemma per cui o commette-
vano un atto di discriminazione o, secondo il punto di vista offerto dal leader,
tutelavano l’omogeneità della forza lavoro dell’azienda. Le variabili da misurare
consistevano, quindi, nel contributo a una leadership immorale e nelle teorie
implicite sul ruolo del sottoposto, controllando statisticamente il disimpegno
morale, l’idealizzazione del leader e il bisogno personale di organizzazione strut-
turale, cioè il costrutto per cui un individuo preferisce processare le informa-
zioni ambientali secondo uno schema che gli permetta di sentire di avere il con-
testo sotto controllo.
Come fanno notare Knoll e gli altri autori, infatti, la variabile del disimpe-
gno morale, per esempio, può svolgere un ruolo fondamentale in questo genere
di dinamiche, poiché permette al dipendente di evitare le proprie autosanzioni
in tre modi differenti: ristrutturando l’indicazione del leader in modo che non sia
percepita come immorale; riducendo il proprio ruolo agentico tramite la mini-
mizzazione del proprio potere all’interno della situazione; oppure, evitando di
vedere le conseguenze delle proprie azioni. Pertanto, è stato importante, in
entrambi gli studi, escludere spiegazioni alternative per il comportamento dei
subordinati.
Come ipotizzato, dunque, i risultati dimostrano che mentre i dipendenti che,
secondo la teoria implicita della buona cittadinanza, ritenevano maggiormente
di dover essere leali e lavorare bene in gruppo, potevano altresì far parte di un
processo immorale, nonostante la loro immagine fosse comunemente conside-
rata positiva, coloro che, al contrario, presentavano una forte teoria implicita
dell’insubordinazione tendevano a non fare discriminazioni etniche, come
richiesto dal leader.
Per le altre teorie implicite, invece, non sono stati riscontrati dati significativi.
Pertanto, nel secondo studio, gli autori si sono posti l’obiettivo di approfondire
le situazioni specifiche nelle quali la buona cittadinanza possa portare a effetti
negativi, contribuendo alla leadership immorale. Dal momento che la buona cit-
tadinanza consiste nel cercare il bene dell’organizzazione, essa si differenzia dal
conformismo, che, invece, riguarda quei comportamenti di obbedienza a richieste
immorali, dovuti alla prospettiva di guadagno personale.
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