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DOTTRINA
È stato riportato, d’altra parte, che un utilizzo costante del disimpegno
morale può indurre una persona a sviluppare una maggiore tolleranza verso i
comportamenti immorali, sia propri sia altrui; ciò è spesso causa di un cambia-
mento nei criteri morali interni dell’individuo, il quale, sentendo un minore
senso di colpa a seguito di una cattiva azione, tenderà maggiormente a favorire
i propri interessi personali, anche se questi ultimi possono danneggiare gli altri.
Nei contesti sopracitati, come è stato evidenziato più volte, questo pattern
può risultare altamente dannoso, portando, per esempio, alla devianza organiz-
zativa nei contesti aziendali, la quale ha effetti negativi sia a livello economico
sia a livello umano .
(34)
Inoltre, come dimostrato dagli studi riportati, se gli individui che tendono
a disimpegnarsi moralmente in questi contesti presentano allo stesso tempo dei
tratti di personalità riconducibili alla psicopatia, gli effetti delle condotte devianti
possono risultare peggiori e aumentare di frequenza, dal momento che una per-
sona psicopatica, a causa della sua peculiare assenza di rimorso, è in grado di
evitare le proprie autosanzioni morali molto più facilmente rispetto alla popo-
lazione generale.
Tenendo conto di quanto detto, l’obiettivo di questo articolo è stato quello
di delineare delle chiavi di lettura nelle modalità decisionali dei leader caratteriz-
zati da disimpegno morale. Facendo riferimento all’ampia letteratura scientifica
che riguarda le diverse relazioni tra leadership e disimpegno morale, analizzate sia
dal punto di vista del leader, sia di quello dei sottoposti, all’interno di vari con-
testi, è stato infatti possibile, nonostante siano necessarie ulteriori ricerche,
rispondere ai quesiti iniziali, illustrando come una leadership volta all’interesse
personale può causare dinamiche rischiose essendo in grado di compromettere
il benessere comune, sia a livello lavorativo sia a livello umano. Del resto come
diceva Charles Percy Snow: «Sono stati commessi più crimini odiosi in nome
dell’obbedienza che in nome della ribellione».
(34) ERKUTLU e CHAFRA, 2019, cit.
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