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LA RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI DA REATO AGRO-ALIMENTARE
In vista dell’auspicato avanzamento del cammino parlamentare, può tutta-
via essere suggerito qualche spunto per tentare di risolvere talune incongruenze
e asimmetrie.
Anzitutto, con riferimento al primo comma dell’art. 6-bis introdotto dal-
l’art. 5, andrebbe meglio perimetrato l’ambito di applicazione del modello: dalla
formulazione presentata, infatti, si potrebbe ricavare la potenziale idoneità a
prevenire (e dunque una efficacia esimente rispetto a) tutti i reati-presupposto
contenuti nel d.lgs. n. 231/2001 e non solo quindi (come invece intenzione del
legislatore, che traspare anche dalla relazione di accompagnamento) quelli in
ambito strettamente agro-alimentare; il richiamo al Reg. (CE) n. 178/2002,
infatti, sembra limitare solo il profilo soggettivo (a quali imprese si applica) e
non anche selezionare l’ambito oggettivo dei reati cui va riferito il modello.
Ancora, in chiave più generale, sarebbe opportuna un’opera di coordina-
mento sistematico, diretta a compiere una preliminare scelta di campo in sede
di normazione: inserire tutti i modelli organizzativi “speciali” nel corpo del
d.lgs. n. 231/2001 (privilegiando la soluzione qui avanzata) ovvero collocarli
nelle rispettive normative di settore (è questa la strada percorsa invece nel d.lgs.
n. 81/2008); qualora si privilegiasse quest’ultima soluzione, la sede più idonea
di un modello organizzativo per il settore agro-alimentare potrebbe essere la
legge n. 283/1962, a fianco della disciplina della delega di funzioni e dei mec-
canismi estintivi.
Infine, nella medesima ottica di razionalizzazione sistematica, sarebbe
auspicabile inserire meccanismi di raccordo tra le cause speciali di non punibi-
lità introdotte - anche in ambito agro-alimentare - per la persona fisica autrice
del reato presupposto e quelle eventualmente previste per gli enti, onde evitare
possibili irrazionalità nella distribuzione della responsabilità fra autore indivi-
duale e collettivo.
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