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LA RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI DA REATO AGRO-ALIMENTARE
sanzioni, anche in fase cautelare), cui andrebbero sommati gli evidenti impulsi
positivi sul piano della continuità della gestione e del regolare svolgimento del
ciclo produttivo .
(17)
In ogni caso, l’adozione del modello finirebbe ancora una volta per assu-
mere i connotati di un obbligo, per così dire, solo indiretto, conservando il ras-
sicurante schermo di una formale facoltatività; l’adozione, infatti, diverrebbe in
qualche modo necessitata, esclusivamente nella prospettiva dei cospicui effetti
benefici ricavabili da parte delle società alimentari, messe nelle condizioni di
non potervi rinunciare solo in chiave utilitaristica . Del resto, uno degli obiet-
(18)
tivi indiretti della novità è proprio quello di provare a stravolgere quella conso-
lidata logica per la quale la violazione delle norme e la semplificazione al ribasso
delle garanzie interne di legalità si presentano alle imprese particolarmente allet-
tanti, se non addirittura indispensabili per restare sul mercato; e il viatico per
conseguire un siffatto risultato consiste proprio nel rendere i comportamenti
virtuosi prima di tutto «convenienti». Questo mutamento di paradigma si con-
cretizzerebbe nel riconoscimento di una presunzione (non assoluta) di idoneità
del modello organizzativo, volta a circoscrivere l’ambito di discrezionalità che
accompagna, da sempre, l’applicazione della normativa.
Il pregio sarebbe apprezzabile in una duplice prospettiva. Come si è
accennato, circoscriverebbe la discrezionalità del giudice, tanto nella valutazione
dell’idoneità del modello (imponendo un più stringente onore motivazionale
nel caso di ritenuta inidoneità), quanto nella prognosi sull’efficace attuazione,
semplificandogli, almeno parzialmente, il compito, dal momento che anche
questa sarà in qualche modo «guidata» legislativamente (dalla maggiore prescrit-
tività dei controlli imposti agli enti agroalimentari); detto altrimenti, qualora
siano rispettate tutte le prescrizioni normativamente sancite, il modello non
potrà che essere «incanalato» naturalmente verso un giudizio di adeguatezza ed
efficace attuazione. Per altro verso, poi, ridurrebbe il margine di discrezionalità
nella preliminare attività di valutazione del rischio devoluta alle stesse imprese,
le quali potrebbero beneficiare di un referente contenutistico credibile per l’ela-
borazione di un modello preventivo idoneo, «certificato» addirittura a livello
normativo.
Senza trascurare come una scelta del genere - aprendo le porte al passag-
gio verso un prototipo di vera e propria eteronormazione - potrebbe contribui-
re a vincere il limite ontologico che i modelli organizzativi continuano a scon-
tare in sede processuale, vale a dire il pregiudizio che i giudici nutrono verso il
(17) C. CUPELLI, La riforma dei reati agroalimentari: la responsabilità degli enti e i meccanismi estintivi, cit., 53.
(18) Ibidem.
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