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             5.  La scelta di un modello organizzativo ad hoc
                  Come già si è accennato, il primo comma dell’art. 5 del d.d.l. A.C. 2427
             opta, vincendo le resistenze di parte della dottrina penalistica , per la costru-
                                                                        (13)
             zione di un’apposita e specifica disciplina dei modelli di organizzazione e di
             gestione per le imprese alimentari, per quegli enti cioè che svolgono taluna delle
             attività - connesse alle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli
             alimenti - di cui all’art. 3 del Reg. (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e
             del Consiglio del 28 gennaio 2002.
                  L’opportunità di contemplare un apposito modello organizzativo per il
             settore agro-alimentare con efficacia esimente o attenuante - per giunta collo-
             cato all’interno del d.lgs. n. 231/2001 con un autonomo art. 6-bis (rubricato
             “Modelli  di  organizzazione  dell’ente  qualificato  come  impresa  alimentare”)
             anziché nella normazione speciale di riferimento - ha dato luogo, come prevedibile,
             ad ampia discussione .
                                 (14)

             5.1. La fisionomia
                  Sul piano operativo, ripercorrendo la strada già intrapresa in materia di
             sicurezza sul lavoro dall’art. 30 del d.lgs. n. 81/2008, sono state individuate, ai
             fini del riconoscimento di una capacità esimente (o comunque attenuante), talu-
             ne  caratteristiche  essenziali  del  modello,  compendiate  nel  nuovo  art.  6-bis e
             sostanzialmente riconducibili:
                  a. all’adempimento di obblighi giuridici, sanciti sia a livello nazionale che
             sovranazionale, relativi:
                  a1) al rispetto dei requisiti relativi alla fornitura di informazioni sugli ali-
             menti;
                  a2) alle attività di verifica sui contenuti delle comunicazioni pubblicitarie al
             fine di garantire la coerenza degli stessi rispetto alle caratteristiche del prodotto;
                  a3) alle attività di vigilanza con riferimento alla rintracciabilità, ossia alla
             possibilità  di  ricostruire  e  di  seguire  il  percorso  di  un  prodotto  alimentare
             attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribu-
             zione;
                  a4) alle attività di controllo sui prodotti alimentari, finalizzate a garantire
             la qualità, la sicurezza e l’integrità dei prodotti e delle loro confezioni in tutte le
             fasi della filiera;
             (13)  G. AMARELLI, Il catalogo dei reati presupposto del d.lgs. n. 231/2001 quindici anni dopo. Tracce di una
                  razionalità inesistente, in Leg. pen., 23 maggio 2016, 1 ss.
             (14)  C. CATRINI, Riflessioni sulla codifica di un «peculiare» modello di gestione e organizzazione per il comparto
                  alimentare, cit., 1 ss.; C. CUPELLI, La riforma dei reati agroalimentari: la responsabilità degli enti e i mec-
                  canismi estintivi, cit., 51 ss.; A. NATALINI, 231 e industria agro-alimentare, cit., 133.

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