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                  Le più immediate perplessità hanno riguardato, da un lato, il rischio che
             alcune delle previsioni possano risultare eccessivamente generiche o addirittura
             eccentriche rispetto alle peculiari caratteristiche delle imprese agroalimentari ;
                                                                                      (15)
             dall’altro, l’opposto timore che i dettagliati e stringenti oneri contenutistici che,
             attraverso il meccanismo congegnato, vengono a ricadere - per quanto attiene
             più specificamente le aree di rischio legate alla commissione di questi peculiari
             reati  -  sulle  stesse  imprese  agroalimentari,  possano  determinare  un  sensibile
             incremento dei costi gestionali e degli oneri burocratici, che verrebbero a som-
             marsi alla difficile attuabilità in concreto di questa tipologia di modello.
                  Queste ultime obiezioni paiono non cogliere nel segno, visto che la paven-
             tata impossibilità di una concreta ed effettiva attuazione delle previsioni di cui
             all’art. 6-bis, per via dei «draconiani» obblighi giuridici imposti a tutti i livelli
             della catena agro-alimentare, potrebbe essere agevolmente superata, ricordando
             come ogni impresa - e dunque anche quella alimentare - sia già oggi tenuta a
             rispettare gli obblighi specifici corrispondenti all’attività concretamente svolta;
             ed è su tali specifici obblighi che andrebbe per l’appunto ritagliato il modello di
             organizzazione e gestione. Va anche ricordato, poi, come tali «ulteriori obblighi»
             risultino a ben vedere ampiamente sovrapponibili all’odierno piano di autocon-
             trollo che ciascuna impresa alimentare deve adottare ai sensi dell’art. 5 del Reg.
             n. 852 del 2004, essendo richiesto in tutte e due le ipotesi di elaborare protocolli
             organizzativi e regole cautelari diretti a garantire la sicurezza del processo pro-
             duttivo e degli alimenti posti in commercio .
                                                      (16)
                  Non ci si allontanerebbe molto, in fondo, da quanto avviene da tempo nel
             settore della sicurezza sul lavoro e dai relativi requisiti per l’efficacia esimente
             del modello contenuti all’art. 30 del d.lgs. n. 81/2008, ove sono elencati tutti gli
             obblighi di sicurezza, con sottinteso il principio per cui ciascuna impresa sarà
             chiamata ad impostare il proprio modello esclusivamente su quegli obblighi che
             attengono alla specifica attività svolta e ai rischi reato ad essa connessi.
                  Inoltre, se un aggravio di costi fosse davvero riscontrabile, questo sarebbe
             comunque accompagnato da rilevanti benefici in termini di esclusione o attenua-
             zione  della  responsabilità  degli  enti,  con  non  lievi  ritorni  anche  in  termini  di
             immagine  e  di  miglioramento  del  sistema  interno  di  compliance;  e  soprattutto
             sarebbe bilanciato da un incremento di garanzia al cospetto dei non indifferenti
             rischi penali collegati alla fluida applicazione del d.lgs. n. 231/2001 (e delle relative


             (15)  G. AMARELLI, Il catalogo dei reati presupposto del d.lgs. n. 231/2001 quindici anni dopo. Tracce di una
                  razionalità inesistente, cit., 20.
             (16)  S. MASINI, Modelli organizzativi e responsabilità dell’impresa alimentare (d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231),
                  in Dir. giur. agr. alim. amb., 2012, 79 ss.

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